Se come si è visto il Rapporto al Parlamento italiano sul traffico di cocaina concentra l’attenzione, in Italia, sui Porti più esposti e quindi più a rischio di Genova, di Gioia Tauro e di Livorno, bisogna completare il quadro basta rifarsi al rapporto, questa volta, sul traffico e sul consumo di droga in Europa.
Rapporto che parte dai livelli record della produzione di cocaina in America Latina per capire quanto essi abbiano influito sulle spedizioni della polvere bianca attraverso l’Oceano Atlantico. E’ l’ European Drug Report, reso noto dall’Osservatorio delle droghe e delle tossicodipendenze, a fotografare infatti, dalla sua sede di Lisbona, il trend negli anni disponibili che vanno dal 2018 al 2020.
Dato come base il fatto che la Colombia, che è il più grande produttore di cocaina al mondo, ha prodotto 1.137 tonnellate di cocaina nel 2018, una quantità definita da record, ed essendo l’Europa il secondo mercato di consumo al mondo dopo il Nord America, ci si chiede: se e quanto è aumentato dalla Colombia al Vecchio Continente il flusso della cocaina? E quali sono i canali utilizzati dai narcos?
Per rispondere alla seconda domanda ecco che rientra in gioco la pandemia. “Con il traffico aereo assai ridotto a causa della pandemia, è ora il trasporto marittimo ancora più cruciale per i trafficanti di cocaina transatlantici”.
Per rispondere alla prima domanda è già indicativo ricordare che già tra il 2006 e il 2014 si era arrivati alla constatazione – i dati si basano su sequestri e informazioni di intelligence – che le partite di cocaina via mare all’interno dei container, intercettate e bloccate, erano aumentate di sei volte. E il trend dei flussi, secondo le successive rilevazioni, non ha subito interruzioni. Tanto che nel Porto di Rotterdam – il più grande d’Europa – nella sola prima metà del 2020 sono state sequestrate 25 tonnellate di cocaina, che è il doppio della cocaina sequestrata nello stesso periodo del 2019.
Risulta inoltre che tutte proprio tutte le “porte” sono sfruttate e resta un dato significativo che arriva dal 2018: il 78 per cento del totale dei sequestri di cocaina nell’Unione Europea è avvenuto in Belgio, Spagna e Olanda. Dal 2019 (pre-pandemia) con il consistente aumento dei sequestri effettuati in Italia, Germania, Portogallo e Regno Unito.
Anche la constatazione del crescente uso della cocaina nei Paesi dell’Europa Orientale porta a considerare che il mercato europeo della polvere bianca sia sempre più interessante per i produttori della Colombia proprio perché in costante espansione alla quale far fronte con l’aumento della produzione.
Anche perché quello europeo è, strano a dirsi ma è così, un mercato molto più redditizio rispetto a quello degli Stati Uniti dove un chilo di cocaina all’ingrosso ha un prezzo medio di 28mila dollari contro i 42mila pagati in Europa.
L’altra faccia della medaglia è che, proprio in funzione della domanda e in base a prezzi così redditizi, non solo sono in aumento i consumatori di cocaina europei ma si rileva anche la loro maggiore disponibilità di denaro da spendere in questo mercato criminale sommerso.
Quando assistiamo ad un sequestro di cocaina dobbiamo inquadralo nel contesto di queste considerazioni ripartendo dal principio del rapporto tra un’ offerta conseguente a una domanda. Aumenta per questo e per di più si raffina la produzione che arriva, sfruttando tutti i possibili vettori e tutte le possibili direttrici, ai destinatari. In un vortice di affari miliardari.