E’ arrivato il momento in cui l’Italia deve avere la consapevolezza che la filiera portuale e logistica è un bene strategico fondamentale e irrinunciabile per il Paese

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E’ arrivato il tempo di fare davvero una rinnovata  riflessione sulle aree demaniali in concessione agli hub portuali e il valore strategico che esse rappresentano per il Paese.

di Salvatore Avena

La filiera complessa della logistica e delle attività portuali rappresenta il processo dei servizi che garantisce alla merce, di essere prodotta in una parte del mondo e in un tempo ragionevole essere consegnata ai clienti dalla parte opposta del globo.  Indipendentemente dalla spesso vituperata “globalizzazione” questo sistema di servizi ha radici lontane che si perdono nel tempo, e ciò nonostante oggi continua ad essere il modello operativo.

In questo contesto molti Paesi, i più avanzati, si sono dotati di infrastrutture materiali ed immateriali per favorire il flusso dei servizi legati alla merce e, contestualmente, si sono sviluppate e consolidate competenze, professionalità e imprese qualificate per la gestione della parte del proprio servizio nell’ambito della catena logistica.

Questo modello ha garantito negli anni efficienza, tempi certi e qualità, se non altro perché ogni operatore attivo nella filiera logistica portuale, nel tempo, ha maturato e acquisito nuove conoscenze, ha fatto proprie le migliori pratiche, mantenendo a livelli elevati le competenze nei servizi resi alla merce

Una regola di mercato che, concorrendo con altri sistemi, ha dovuto per necessità fare dell’innovazione tecnologica e della capacità di adattamento e di adeguamento gli elementi chiave per non perdere posizioni.

Possiamo dunque sostenere che l’efficienza di un sistema portuale e logistico dipende molto dalla capacità dei soggetti attivi di operare in modo collegato e coordinato, valorizzando le specializzazioni acquisite e avendo a disposizione un buon livello di interconnessione e di intermodalità

Nel nostro Paese la catena logistica è l’organizzazione di aziende di servizi e trasporto che insieme ai terminali portuali e l’intero indotto, dalle ultime stime si attesta al 14-15 % del Prodotto Interno Lordo nazionale, numeri significativi che uniti al valore occupazionale, diretto e indiretto, rappresentano indiscutibilmente un settore strategico per l’economia italiana.

Da alcuni anni si assiste ad iniziative commerciali e finanziarie di grandi player stranieri (soprattutto compagnie di navigazione) che stando acquisendo settori interi della catena logistica e portuale attivando quel processo economico, non sempre virtuoso, dell’integrazione verticale.

Se consideriamo che buona parte dei Terminal italiani sono già di proprietà estera e se a questi si aggiungono servizi e trasporti strategici della catena logistica, per effetto dell’integrazione verticale, il pensiero si deve spostare immediatamente al rischio di avere, in un settore strategico per il Paese, elementi di esclusività per pochi player internazionali che certamente non fanno bene né alle politiche di crescita né alla concorrenza e non mi soffermo su ulteriori approfondimenti.

Sarebbe tuttavia anacronistico ipotizzare che le integrazioni e le acquisizioni di quote di mercato da parte di investitori si possano fermare ai confini nazionali o a quelli europei, e comunque non rientrerebbe nella nostra cultura, ma un pensiero sul rischio di perdere il controllo di settori importanti e strategici dell’economia Italiana a favore i pochi non ci può lasciare indifferenti!

Oggi circa la metà della grande manifattura italiana, del settore alimentare sono in mano a capitali esteri, ma la produzione di qualità, il made in Italy, è in buona parte non delocalizzabile: pensiamo solo alle produzioni alimentari o alla confezione del manufatto finito con il marchio di qualità Italia.

Diverso è quando hai il controllo della merce dal trasporto marittimo alla consegna finale, che ti consente, in totale autonomia, di decidere e disporre che percorso logistico farle seguire e in quale Paese accentrare le ricadute economiche collegate! Non è cosa da poco.

Nel frattempo il nostro Paese investe grandi risorse per potenziare e rinnovare le infrastrutture e favorire le interconnessioni, mette in atto politiche integrate ed investimenti per attuare la transizione energetica e quella digitale, lavora in sostanza per creare le migliori condizioni, ma l’unica certezza su cui possiamo fortunatamente contare restano le aree demaniali marittime dove sorgono in Porti che per loro natura sono aree inalienabili e soggette a concessione.

Credo che una rinnovata  riflessione sulle aree demaniali in concessione agli hub portuali e il valore strategico che esse rappresentano per il Paese – unita alla inevitabile corrispondenza di valore che queste aree devono avere e dare  a sostegno dell’economia prodotta  dall’intera catena logistica portuale  –  vada fatta.

 

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