Roma – “Un numero crescente di navi armate da armatori italiani ha cambiato bandiera”.
“Lo dicono i dati dell’Unctad riferiti a unità con stazza lorda superiore alle 1.000 tonnellate. La parte della flotta che fa capo ad armatori italiani – ma che batte bandiere estere – è cresciuta al 40,83% del totale, contro una quota che nel 2021 era ancora del 36,43%.
E la scelta di registrare all’estero la propria nave non predilige le bandiere di comodo, ma bandiere europee, come Malta, Cipro, Finlandia e Portogallo che garantiscono alle compagnie di navigazione una burocrazia semplice, moderna e digitalizzata che, nell’integrale rispetto delle innumerevoli regole internazionali che governano il nostro settore, è sintonizzata alla soluzione dei problemi che la navigazione ci mette davanti ogni giorno. Quindi non è solo questione di costi o di tassazione”.
La denuncia è di Stefano Messina, presidente di Assarmatori, denuncia fatta all’assemblea dell’associazione a Roma.
“Ammainare la bandiera italiana – dice Messina – significa ammainare una parte importante dell’italianità nel mondo oltre che depotenziare il nostro potere negoziale nei contesti internazionali. È tuttavia fuor di dubbio che la tutela della bandiera non può essere affidata solo alla resilienza degli armatori italiani”.
La risposta del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini: “E’ vero assumendo questo incarico ho trovato tanta burocrazia. Ci stiamo lavorando, e non è una battuta di circostanza. Voglio operare perché in Italia ci siano sempre più bandiere italiane sulle nostre navi”.
E alcuni dati sono sufficienti a individuare ciò di cui stiamo parlando.
Assarmatori rappresenta oggi più del 50% di servizi delle Autostrade del Mare e dei collegamenti con le isole maggiori; più del 90% dei collegamenti con le isole minori; più del 50% del trasporto containerizzato; oltre il 40% del traffico crocieristico nel più vasto mercato europeo, ovvero quello italiano, e una solida presenza nel trasporto marittimo delle rinfuse sia liquide sia solide.
Le compagnie aderenti operano 550 navi che impiegano oltre 60mila addetti a terra e in mare, in gran parte marittimi italiani; garantiscono il 60% dei beni importati nella terza economia europea e, a livello dei loro rispettivi gruppi di appartenenza, sono fra i più importanti terminalisti del Paese sia per i passeggeri sia per le merci, attivi nei segmenti del trasporto ferroviario e stradale.