Il modello economico di un Paese avanzato non può prescindere dalla centralità dei sistemi portuali, dalla catena logistica e dagli operatori che la rendono attiva ed efficiente.
Intervento di Salvatore Avena
Oggi è più chiara a molti la percezione di quanto sia strategica la logistica e con essa le attività portuali nella filiera e nel controllo dell’economia di un Paese.
Fino a qualche tempo fa, infatti, i porti e la logistica nel nostro Paese erano non solo poco conosciuti ma anche, se conosciuti, lo erano soprattutto in una accezione per lo più negativa. Erano ad esempio identificati come i generatori del caos nei trasporti ma soprattutto, i porti e le aree logistiche, erano considerati comparti che, attraverso le proprie infrastrutture e le proprie attività lavorative, causavano impatti ambientali eccessivi.
Forse per molto, troppo tempo, la discussione e il confronto si sono limitati a questi aspetti alimentando le contrapposizioni fra ambienti economici e comunità territoriali, allontanando così ogni forma di integrazione condivisa e condizionando in negativo anche ogni possibile potenzialità economica ancora inespressa.
La consapevolezza, inoltre, del ruolo strategico dei porti, dei trasporti e della logistica per l’economia del Paese, che rappresenta una parte significativa del PIL italiano, non solo non si è avuta e quindi valorizzata nei territori e fra le comunità ma spesso è stata la stessa politica a non averne la necessaria attenzione.
Si è poi scoperto che nel periodo della pandemia, quella che è definita la catena globale degli approvvigionamenti, è invece una attività essenziale per mantenere in vita e in attività l’intero Paese.
Si è scoperto che le infrastrutture, in particolare quelle stradali, sono essenziali e quindi strategiche per garantire quegli stessi approvvigionamenti.
Si è scoperto, anche tra gli addetti nel mondo della logistica e della portualità, che il green pass è riconosciuto come una garanzia per la libertà nel lavoro e nella continuità della vita sociale!
E non è quindi un caso che i Porti in questi giorni siano stati individuati come sit-in ideali di protesta per manifestare contro i provvedimenti del Governo! Si è verificata insomma una sorta di strumentalizzazione al contrario dove il luogo della protesta è l’area portuale mentre i manifestanti sono per lo più, salve le eccezioni, persone estranee alle attività portuali e della logistica.
Questo aspetto conferma purtroppo la visione diffusa che i Porti e la logistica dell’ultimo miglio sono ancora percepiti non per quello che realmente fanno e che hanno dimostrato di fare e saper fare.
Ora l’intero Paese si appresta a vivere la grande opportunità del PNRR, il tema della transizione ecologica, della transizione digitale e della transizione sociale sono in gran parte temi che trovano terreno fertile nelle attività portuali e della logistica e bene ha fatto il Governo a ricordarlo nel programma al suo insediamento.
Perché, è bene tenerlo presente, la sfida si vince rafforzando l’intermodalità, sviluppando l’alta velocità anche per le merci, realizzando infrastrutture più sostenibili, ammodernando i porti, riducendo la burocrazia e accrescendo e spingendo i processi di informatizzazione e di digitalizzazione.
Al netto di questo contesto il prossimo futuro deve essere anche e soprattutto l’occasione per far riscoprire sempre di più all’opinione pubblica l’essenzialità di questo comparto che più di altri va rivalutato e rilanciato. Un comparto che assume e riassume ruoli e funzioni altamente professionali, decisivi e fondamentali per programmare e alimentare l’intera catena logistica e portuale. Mi riferisco ai Terminals portuali, agli Agenti marittimi, alle Case di spedizione, agli Spedizionieri doganali e all’intero sistema dei trasporti su gomma e su treno, tutte figure che spesso sono per lo più ignote a molti decisori e commentatori.