Tempo di lettura: 3 minuti
La mattina del 7 ottobre alla Terrazza Colombo, a Genova, sarà Alessandro Laghezza, Presidente ligure di Confetra, la Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, a introdurre il confronto che si terrà a Primocanale su “Idee e progetti per la Liguria e per l’Italia” per fare una proposta che è “Ripartiamo dalla logistica per ricostruire il Paese”. Per questo abbiamo gli abbiamo chiesto di fare il punto sullo stato della Logistica, una parola poco frequentata fino a poco tempo fa e ora entrata nel linguaggio di tutti i giorni.
di Enzo Millepiedi
La prima domanda che viene da rivolgere ad Alessandro Laghezza, appunto come Presidente di Confetra Liguria, è perché si può e si deve per il rilancio del Paese si deve ripartire dalla logistica?
“Perché è intanto una parola che è entrata da poco nel linguaggio comune mentre prima non era molto usata nonostante la sua importanza che accompagna tutta la nostra civiltà dall’avvio dei commerci e purtroppo essenziale nelle campagne militari di tutti i tempi. Penso che ora si abbia finalmente la consapevolezza diffusa che, associata ai trasporti, sia una organizzazione vitale per un Paese e per il mondo. La stessa pandemia ha portato al pressante riconoscimento del ruolo che ha la logistica nella vita di tutti i giorni. Perché, si è capito, è quella che ha consentito tutti gli approvvigionamenti, compresi i medicinali, che ha consentito l’arrivo e la distribuzione dei vaccini”.
Da quando hai avuto la consapevolezza della svolta dopo anni di sottovalutazione?
“Dalla tragica caduta, purtroppo, del ponte Morandi sicuramente. L’interruzione traumatica dei collegamenti è stata subito associata all’importanza delle infrastrutture, alle gravi conseguenze dei vuoti nei collegamenti, alle necessità di provvedere al più presto al loro ripristino, tanto che è nato quello che si chiama “modello Genova”.
E quindi?
“E’ allora che ci si è rivolti alla capacità della logistica, nonostante le enormi difficoltà, di riorganizzare la catena dei trasporti non solo per Genova ma per tutta la Liguria e per il Paese”.
Poi è arrivata la pandemia.
“E tutta l’organizzazione della portualità, dei trasporti e della logistica è stata chiamata ad una funzione di grande rilievo non solo economico ma anche e in quel momento soprattutto sociale. Ci siamo sentiti in prima linea come gli altri servizi essenziali. E si è così rafforzato ancora di più il sentire verso un settore fondamentale”.
Come è stata vissuta questa fase straordinaria?
“Ci siamo sentiti e ci sentiamo ancora sotto pressione. Ma la risposta, si vede dai risultati, è stata all’altezza di ogni situazione. Quando il Paese era fermo noi continuavamo a viaggiare, i porti sono rimasti sempre aperti e attivi. La logistica chiamata ad un superlavoro e ad una velocità accelerata ha dimostrato di esserci e di funzionare, continua ad essere strategica in un momento ancora critico”.
Perché un momento ancora critico? Per la pandemia?
“Oltre alla pandemia che ha provocato la chiusura temporanea di importanti porti in Cina e le lunghe soste di navi davanti a porti come Los Angeles, basti pensare alla pressione sui noli marittimi che continuano a salire e non accennano ancora a fermarsi o addirittura a diminuire, alla carenza dei container, alla scarsità delle materie prime, alle navi che non riescono a soddisfare la domanda dei consumi ripartiti repentinamente e in una misura non prevista, alle difficoltà conseguenti dell’autotrasporto, senza contare i rischi strutturali che questa situazione porta con sé”.
Quali rischi corre la logistica, quella italiana in particolare, proprio nel momento in cui le è riconosciuto un ruolo fondamentale?
“In prospettiva quelli connessi alla prospettiva della sua verticalizzazione. Non è un pericolo nuovo ma oggi, con la catena logistica sotto pressione, si avverte con maggiore preoccupazione. I grandi gruppi sono tentati dal fai da te cioè di gestire tutta la catena del trasporto logistico, dal produttore al destinatario finale dei beni, che avrebbe gravissime conseguenze soprattutto in Italia, in quanto è un Paese strutturato al novanta per cento sulle piccole e medie imprese. La verticalizzazione spinta impoverirebbe i territori che, rimasti senza ricadute economiche e occupazionali, sarebbero ridotti a meri caselli di una autostrada davanti ai quali transitano le merci senza nessun vantaggio.”
Un rischio che, paradossalmente, è avvertito ancora di più proprio mentre lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – il PNRR – riconosce alla logistica un ruolo fondamentale?
“Per questo è essenziale che si utilizzi bene la transizione nel convogliare investimenti per lo sviluppo fisico e digitale per un settore che apporta al Paese 130 miliardi di Prodotto Interno Lordo. Ecco perché noi sosteniamo e insistiamo, a ragion veduta, che bisogna ripartire dalla logistica per ricostruire il Paese”.
Ultima domanda: quasi tutti i settori lamentano gravi carenze di figure professionali a cominciare dai camionisti. E la Logistica?
“La logistica in sviluppo continua a cercare figure professionali specializzate nei vari rami ma devo dire che grazie alla fondazione, anche qui lungimirante, della Scuola Nazionale Trasporti e Logistica alla Spezia da trent’anni sono formate e aggiornate le figure professionali che occorrono, in sintonia con le aziende, con corsi che dalla Spezia si sono estesi a Genova e ora a Marina di Carrara. Ricordo anche che questa scuola è un unicum in Italia e che ha messo a punto un modello sempre aggiornato che funziona in modo eccellente. Non sono parole, i risultati lo dimostrano.”