Alla vigilia dell’entrata in vigore dell’obbligo del Green pass nei luoghi di lavoro, pubblici e privati, in Italia, i ritardi accumulati dai porti americani che si affacciano sul Pacifico sono diventati un caso nazionale, da prima pagina per il The New York Time e per tutti gli altri quotidiani dopo l’intervento del Presidente Joe Biden che considera i colli di bottiglia della catena logistica un freno alla ripresa e alla espansione economica oltreché un vulnus per i beni primari destinati alle famiglie.
di Enzo Millepiedi
Il blocco delle navi sulla costa del Pacifico degli Stati Uniti e il conseguentemente continuo rallentamento delle operazioni portuali che a loro volta incidono sugli approvvigionamenti è diventato un caso nazionale. La foto del porto di Los Angeles ha guadagnato questa mattina la prima pagina del The New York Time che annuncia grandi servizi interni. Ma oggi tutti i giornali americani affrontano il problema con analisi su cause e ripercussioni.
Il rischio di non corrispondere adeguatamente alla domanda di beni e servizi in continua crescita e soprattutto in vista delle festività natalizie ha provocato l’entrata in campo della Casa Bianca. Lo stesso Presidente Joe Biden si è detto preoccupato per le strozzature della catena logistica che oltre a non soddisfare la domanda interna sta rallentando la ripresa economica, non solo quella degli Stati Uniti, quella globale.
E’ così previsto un summit allargato ai leader dei colossi aziendali, ai dirigenti dei maggiori porti e delle compagnie di trasporti e dei sindacati della portualità e della logistica per trovare al più presto una soluzione a cominciare dalla eliminazione degli squilibri tra l’offerta che continua ad accumulare ritardi su ritardi e la domanda che continua a crescere nel suo processo di espansione in atto da mesi, cioè da quando gli Usa sono usciti, per primi in Occidente, dalla morsa acuta della pandemia, come rilevò anzitempo Andrea Fontana, presidente dell’Associazione degli spedizionieri del Porto della Spezia.
Le prime risposte sono arrivate dai colossi della catena logistica Usa che si sono detti pronti ad allungare l’orario di lavoro giornaliero e a lavorare sette giorni su sette compresi dunque i festivi e il lavoro in notturna per velocizzare il più possibile la consegna delle merci ai magazzini che cominciano a svuotarsi.
E il colpo di reni è richiesto, per essere efficace, a tutta la catena. Per cui sono in atto raccomandazioni, inviti e pressioni anche sugli autotrasportatori e sulle compagnie del trasporto ferroviario, soprattutto dopo che le difficoltà si sono allargate, da materiali strategici come i semiconduttori, le terre rare e i prodotti farmaceutici per i quali si erano trovati canali dedicati, ai beni e generi di consumo di base giornaliera delle famiglie americane.
Quanto ai porti più in sofferenza, dei quali abbiamo spesso riferito nelle scorse settimane anche visivamente, come Los Angeles, davanti al quale stazionano in attesa decine e decine di navi provenienti dai porti asiatici, si applicherà da subito il modello Porto di Long Beach, sempre in California, che sta operando sette giorni su sette, con orario continuato 24 ore su 24.