La pandemia sull’Italia ha aggravato un deficit di crescita che era ormai costante negli anni

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Dopo l’analisi  sulle tendenze dello shipping internazionale, la relazione al Piano delle Opere Triennale (Pot) dei porti e delle comunità della Spezia e di Marina di Carrara propone l’esame della situazione in Italia.

di Mario Sommariva

Le conseguenze della pandemia sul nostro Paese sono state purtroppo molto pesanti, aggravando un deficit di crescita ormai costante negli anni.

L’Istat ha confermato infatti per il 2020 una flessione del PIL dell’8,8%: un risultato comunque meno negativo rispetto ad alcune stime iniziali di inizio pandemia, che preventivavano una flessione fino al 12-13%, e questo grazie alla forte ripresa avvenuta nel 3° trimestre, quello immediatamente successivo al lockdown.

La pandemia però, come noto, ha ripreso vigore nell’ultima parte dell’anno scorso e nei primi mesi del 2021, imponendo nuove restrizioni e chiusure alle attività commerciali che hanno riportato il PIL in territorio negativo (4°T -1,9% sul trimestre precedente).

Anche nel 1° trimestre del 2021 l’andamento del PIL ha mostrato valori negativi (-0,4% in Italia e -0,6% area euro), considerando che gran parte delle Regioni sono state per lunghi periodi in zona «rossa», o al massimo «arancione», con l’ulteriore chiusura di molte attività economiche non industriali.

Di conseguenza, anche per quanto riguarda l’Italia, come più in generale l’area euro, la ripresa potrà concretizzarsi, come sta concretamente avvenendo, a partire dal 2° trimestre, grazie alla riapertura delle attività economiche ed in seguito al progredire ulteriore della campagna vaccinale.

Se ciò verrà confermato senza ulteriori ricadute critiche la crescita del PIL nel 2021 potrebbe anche risalire fino al 4,5/5% per poi consolidarsi nel 2022.

<La crisi ha coinvolto in modo significativo tutti gli scambi commerciali a livello mondiale. L’Italia non è stata risparmiata, con un calo delle esportazioni del -8,2% e delle importazioni del -11,3%.

La diversa dinamica dei due aggregati ha però garantito un deciso aumento del saldo commerciale, passato dai 55 miliardi di euro del 2019, ai 62,77 del 2020 (+14,1%). Dal lato dell’export, le maggiori flessioni sono state registrate nei confronti dei paesi dell’Asia centrale (-25,6%), del Nord Africa (-16,4%) e del Centro-Sud America (-14,8%). Dal lato delle importazioni, da rilevare la decisa flessione di quelle provenienti in generale dall’Africa, seguite dal quelle provenienti dai Paesi europei extra UE27 (-24,8%). Nel primo trimestre 2021 il commercio estero italiano verso i Paesi Extra UE ha mostrato segni di ripresa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un aumento delle esportazioni dello 0,7% e delle importazioni dell’1,9%. Il saldo totale è pari a +10,72 Mld €.

Tali risultati sono stati resi possibili dalle ottime performance del mese di marzo, che ha visto una crescita delle esportazioni, su marzo 2020, del +23,1% e delle importazioni del +35%.

A livello di mercati esteri, la riduzione delle esportazioni ha riguardato in particolare il Nord America (-13%), seguito dal Medio Oriente (-2,3%) e dai Paesi europei non-UE27 (-0,7%), in crescita invece l’export verso l’Oceania (+20,4%), i Paesi asiatici (+15%) e il Centro-Sud America (+9,7%).

Dal lato delle importazioni, le riduzioni più significative hanno coinvolto ancora il Nord America (-11,1%), seguito dal Medio Oriente (-4%) e dai Paesi europei non UE27 (-2,1%).

Puntando l’attenzione sui singoli paesi, risulta significativa, dopo la Brexit, la flessione dell’interscambio con l’UK: export in calo del 12,7% e import del 23,3%.

Rilevante anche la flessione dell’interscambio con gli Stati Uniti (export -13,4% – import -11,1%). Da notare invece la forte crescita dell’export verso la Cina (+43,3%), ulteriore sintomo del ritorno alla normalità del colosso asiatico dopo la pandemia dello scorso anno.

(7 – continua)

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