LA SPEZIA – Il Museo navale rischia di chiudere le porte a cittadini e turisti per mancanza di personale. Il Crdd è in estrema sofferenza e anche il suo destino è incerto. E’ questo lo scenario dipinto dai sindacalisti Emanuele Bernardini di Fp Cgil, Carlo Pietrelli di Cisl Fp, Andrea Canali di Uil Pa, Christian Palladino di Flp Difesa.
Le delegazioni continuano ad essere in pressing con il Ministero Difesa e ritornano sul tema dell’interruzione dei rapporti sindacali con la Marina militare, elencando punto per punto quelle che sono le principali criticità in corso.
“In una società moderna – si legge in una nota congiunta -, fondata su processi di costruzioni idenditarie che hanno come fondamento il confronto ed il dialogo, noi Territoriali siamo costretti ad interrompere le relazioni sindacali per farci ascoltare. Proprio in questi giorni, post lettera di “dichiarazione interruzione relazioni sindacali” inviata al Comando Interregionale Marittimo Nord ed agli Enti discendenti, abbiamo inoltrato richiesta di incontro al Prefetto di La Spezia”.
Per le segreterie sindacali: “La genesi della scelta è da ricondurre ad una serie di eventi che hanno fatto venir meno le condizioni per il mantenimento di un confronto costruttivo tra le parti, elemento da sempre perseguito e valorizzato. In un contesto difficile per tutta la Base Navale, ci saremmo aspettati di discutere di organizzazione e razionalizzazione, anziché attendere tagli unilaterali di Tabelle Organiche, già risicate, e “studi” riferiti a privatizzazioni “coatte”. Una dicotomia tra presente e passato in contrapposizione nel principio. Di fatto, la peculiarità dell’ Arsenale era quella di contenere professionalità specializzate che effettuavano determinate lavorazioni. Lavori svolti tempestivamente, senza aggravio sui conti pubblici. Le stesse operazioni che, già da qualche anno, vengono affidate a ditte private. Società con obiettivi economici spesso distanti dalle necessità di Forza Armata”.
“Tante sono quelle lavorazioni – proseguono – ad essere subordinate alla concreta disponibilità finanziaria, con conseguente accumulo di ritardi ed inefficienze. Pensare di affidare la maggior parte delle lavorazioni a ditte private, come stà accadendo per effetto di una convenzione di livello Nazionale, si tradurrebbe in una perdita di capacità manutentiva di mezzi e/o infrastrutture della Marina militare, con fisiologica dipendenza totale da realtà terze che, oggi sono Italiane ma in futuro, seguendo logiche strategicamente competitive, potrebbero compromettere la stessa capacità di difesa del nostro Paese. L’esperienza insegna che l’affidamento integrale delle attività tecniche all’industria privata non giova all’efficientamento dello strumento militare ed è sempre accompagnato da un dispendio di risorse economiche. Al contempo l’industria privata, in campo navale, non garantisce la stessa stabilità sociale che ha sempre garantito il dipendente pubblico, anche in virtù del fatto che spesso i servizi vengono subappaltati a ditte terze che non hanno legami con il territorio. In uno scenario geopolitico già poco certo, appare assurdo vincolare la capacità di difesa del nostro territorio a situazioni mutevoli, incerte e talvolta precarie: il personale Civile della Difesa, con una formazione al passo con i tempi, è l’unica garanzia che lo strumento militare ha affinché rimanga efficiente in maniera perpetua”.
Per i sindacati: “Oltre alla questione “privatizzazione”, si stanno verificando seri problemi. Ci sono criticità nelle mense, 2.20 euro pro capite, con l’importo fermo per un pasto non sono più in linea con costi e spese in netto rialzo. Il personale in quiescenza, non compensato da nuovi assunti, riduce drasticamente la forza ed i servizi. Si sono disperse svariate professionalità, il che sta causando il progressivo blocco di alcune attività lavorative storicamente svolte. Il cosiddetto Piano Brin, che ha portato ad avviare alcuni investimenti manutentivi, sta avendo un epilogo amaro: la nuova officina polifunzionale che si stava realizzando attraverso opere di ristrutturazione, ha subito uno brusco “Stop” a causa del fallimento della ditta”.
“Il Circolo Ricreativo Dipendenti Difesa, che da sempre ha offerto servizi a favore del personale civile e militare e dei rispettivi nuclei familiari, è ora in sofferenza estrema – aggiungono le delegazioni sindacali -. Proprio in data 5 ottobre 2022 è partita una lettera dalla Maricommi di La Spezia, indirizzata al Comando Interregionale Marittimo Nord, con la quale si chiedevano azioni necessarie volte a favorire l’assegnazione di personale interno al fine di sopperire alle carenze. Operazione disattesa”.
“Il personale vigilante, i cosiddetti ASV, sono in riduzione e ad oggi, nonostante avessimo chiesto un tavolo tecnico per discuterne, non esiste alcuna soluzione, col rischio di intasare la città stessa quando solo un ingresso in Arsenale sarà garantito – proseguono -. Stesso destino per il Museo Tecnico Navale, riconosciuto e valorizzato come modello di unicità straordinaria, intriso di cultura e cimeli che riportano ad un’ epoca affascinante, rischia di chiudere le porte a cittadini e turisti. ..e tante altre sono le criticità che pervadono la base”.
“Non possiamo restare inermi rispetto a tutto questo – concludono -. Eppure l’ Arsenale è “la prima grande Opera del nuovo Stato Nazionale”, iniziata pochi mesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia ed inaugurata nell’agosto 1869 dal Generale ed architetto Domenico Chiodo. La Spezia divenne in breve tempo un polo di sviluppo tecnologico e cantieristico di prim’ordine, culla di una fiorente attività culturale e turistica: la Città si era fortificata all’interno del suo argine di prestigio competendo con le principali città italiane. Un’ opera che ha rappresentato lo splendore, lo sviluppo e la storia della nostra città, stà letteralmente sgredolandosi, portando con sé la nobile visione di uomini di altri tempi. Rivolgiamo un appello alle Istituzioni locali ed ai politici del Territorio e di livello Nazionale, affinché la situazione Spezzina venga celermente affrontata con la dovuta attenzione e con la massima urgenza. Chiediamo, inoltre, di valorizzare il presente contenuto e, possibilmente, avviare con noi un confronto serio ed immediato sul futuro di questa importante realtà economica spezzina”.