Crescono negli armatori italiani (e, ovviamente, non solo) le preoccupazioni per i rischi di assalti alle navi da parte dei pirati che dalla Somalia hanno spostato il loro campo di azione dall’Africa Orientale all’Africa Occidentale, con epicentro il Golfo di Guinea, ma anche per gli attacchi informatici. Attacchi via web che oltre alle infrastrutture sensibili possono colpire le navi in piena navigazione. E se nel Golfo di Guinea (dove è concentrata quasi la metà degli assalti che avvengono nel mondo) la presenza a turno di navi della Marina Militare Italiana funziona almeno da deterrente, contro i pirati informatici Confitarma cerca soluzioni tecniche nel Maritime cyber security, gruppo tecnico di lavoro affidato alla presidenza dell’armatore Cesare D’Amico. Con lo scopo di arrivare al più presto, in via preventiva, alla comprensione e quindi all’applicazione di norme finalizzate a contenere e contrastare appunto i rischi di natura cibernetica.
Nelle Compagnie di navigazione sono sempre più sentite infatti l’esigenza e la necessità di dotarsi di strumenti e, soprattutto, “di competenze professionali idonee a garantire la corretta gestione dei rischi direttamente connessi al tema, sempre più attuale, della sicurezza informatica”. Se ne è fatto più volte e pubblicamente portavoce (da ultimo intervenendo a “Effetto notte” di Radio 24) lo stesso direttore generale di Confitarma Luca Sisto.
Esigenza e necessità peraltro evidenziate nella Risoluzione “Maritime Cyber Risk Management in Safety Management Systems” della stessa Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), Risoluzione che afferma senza mezzi termini come ”la valutazione del rischio informatico, oltre ad essere divenuto elemento essenziale, rientri tra gli obiettivi del Codice ISM (“I membri dell’equipaggio … devono familiarizzare con le misure di sicurezza informatica. Familiarizzazione, istruzione e ulteriori misure di formazione devono essere periodicamente ripetute”) e ricade tra i rischi generali che possono interessare e impattare sulla sicurezza della nave, del personale e dell’ambiente.
Perché quello che è accaduto e che accade sempre più frequentemente in obiettivi sensibili a terra a fini estorsivi da parte dei pirati informatici potrebbe accadere anche alla navi in navigazione con attacchi ancora più insidiosi – qualcuno accenna – di quelli dei pirati armati in carne e ossa.
La “Federico Martinengo” della Marina Militare Italiana, una delle navi impegnate nella vigilanza anti pirati nel Golfo di Guinea