Sentito dire: con tutto il gas che abbiamo in Italia, perché non lo estraiamo in modo da avere l’indipendenza da quello russo?

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Roma – Spesso si sente dire, specie ora in piena campagna elettorale, di come mai non ci avvaliamo delle nostre riserve naturali di gas così da risolvere il problema dell’importazione dalla Russia e che in un mese avremo le infrastrutture per estrarlo o slogan simili.

Ovviamente la questione non è così semplice come vogliono farci credere.
Partiamo dalla questione delle riserve italiane che, a quanto riferiscono anche importanti testate giornalistiche, sembrano essere di enormi volumi. Consultando il sito del MiTE (Ministero della transizione ecologica) si può avere un’idea più chiara delle reali riserve di idrocarburi che l’Italia avrebbe a disposizione.
La tabella, aggiornata al 31 dicembre 2021, riporta tre macrocategorie di riserve: certe, probabili e possibili suddivise a loro volta in aree geografiche.
La prima indica che la riserva ha una probabilità maggiore del 90% di essere prodotta, nella categoria “probabile” la percentuale scende al 50% mentre la terza, ovviamente, vede la possibilità abbassarsi drasticamente.
Tutto sta nel calcolo dei costi in base al successo di estrazione che, se nelle aree “certe” l’investimento avrebbe un ritorno quasi sicuro, lo stesso non si può dire nelle altre due categorie dove l’investimento iniziale provocherebbe una potenziale perdita.
Facendo la somma di tutte le aree e di tutte le categorie il volume totale in metri cubi di gas ammonterebbe a 110,9 miliardi, ma sarebbe un conto errato dato che la certezza di trovare gli idrocarburi non è del 100%; sarebbe più ragionevole una somma tra le zone “probabili” e “certe” dove il totale ammonterebbe a circa 70/80 miliardi di m 3 di gas.
A questo punto si potrebbe pensare che la differenza tra 70/80 e 110 non sia così rilevante e che una tale quantità basterebbe al fabbisogno del nostro paese in un momento come questo e qui passiamo al punto del perché allora non lo estraiamo.
Il problema risiede tutto nel fatto che non esiste un unico giacimento che produce quell’enorme cifra di gas, come in quello scoperto recentemente a Cipro da ENI, ma sono a diversi e dislocati lungo tutto lo stivale, richiederebbero centinaia di pozzi e decine e decine di piattaforme il che, tecnicamente si potrebbe fare, ma i costi sarebbero elevatissimi.
Quindi quale potrebbe essere una strategia valida?
Un modo sarebbe quello di identificare i giacimenti in cui risiede la maggior parte del gas nazionale, per esempio i tre nell’Adriatico settentrionale, chiamati Raffaella, Valentina e Rosanna dove il totale di m 3 arriva a circa 10 miliardi complessivi (un settimo di quello di Cipro) e qui giustamente ci si potrebbe chiedere il perché non si agisce in questa zona se, secondo la propaganda, nel giro di un mese, si avrebbe un grosso aiuto per l’indipendenza dalla Russia.
Come spesso accade nel nostro Paese è la burocrazia l’ostacolo maggiore dato che necessiterebbero 12 mesi per la rimozione del vincolo legislativo a causa della legge 133 del 6 agosto 2008 che vieta la ricerca di idrocarburi nel Mare Adriatico, dai 16 ai 18 mesi per l’iter autorizzativo e solo a questo punto inizierebbero i lavori veri e propri.
La strada per l’indipendenza dalla Russia e molto complessa e spetta alla (futura) politica dare delle risposte ma una cosa è certa; l’autarchia energetica del gas non è una strada facilmente percorribile.

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