Tempi di bilanci semestrali per una economia del mare da record

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 Sono addirittura raddoppiati, rispetto al 2020, gli ordinativi di nuove navi ed è in crescita anche il mercato dell’usato a prezzi più convenienti rispetto ai noli sempre più cari.  In forte aumento le assunzioni nella logistica e in rilevante ripresa l’export. Diminuiscono solo le demolizioni.

Ha dello stupefacente la vitalità dimostrata dalle varie componenti dell’economia del mare nel primo semestre di quest’anno, un’economia sulla quale si conta molto per la ripresa reale. Se è vero come è vero che i porti, come ricorda il presidente dell’Autorità di Sistema del Mar Ligure Orientale Mario Sommariva, non si possono chiudere, anche perché attraverso la struttura complessa portuale-logistico transita l’80-90 per cento degli scambi commerciali, non era altrettanto scontato che la performance potesse arrivare in pochi mesi a sostenere la ripresa attesa nel mezzo di una pandemia che non è ancora post per la sua perdurante incertezza tra vaccini e varianti. Invece, e fortunatamente, siamo di fronte ad aumenti straordinari nella catena di valore prodotto dall’economia del mare a cominciare dalle nuove costruzioni che, al netto dei noli da record, per le portacontainer hanno raggiunto, come certifica l’analista Olivia Watkins, il record di 286 navi ordinate che sono il 760 per cento in più di quelle che erano state ordinate nel primo semestre del 2020.

Anche il mercato delle navi usate ha mostrato una vivacità che in percentuale è arrivata, quanto al numero delle vendite, al 780 in più rispetto allo stesso periodo del 2020, perché il costo di acquisto di una nave usata è risultato molto più conveniente delle navi prese a noleggio con valori schizzati verso l’alto come non si era mai visto. In questo quadro di ripartenza sono tornate a crescere in Italia in parallelo anche le imprese che operano nel trasporto marittimo di passeggeri e di merci, e di conseguenza anche la ricerca e le assunzioni di personale a cominciare dalla logistica. E’ dal bollettino di Unioncamere-Excelsior che emergono infatti – come riportato da ShipMag – dati significativi: “Sono 55.930 gli ingressi stimati nel mondo del lavoro in quello specifico comparto. In particolare 11.230 dedicati agli acquisti e alla movimentazione di merci mentre 44.690 per trasporti e distribuzione”. Che è praticamente il doppio rispetto allo scorso anno.

In questo stesso quadro è comprensibile come unico contraccolpo la caduta drastica delle navi mandate in demolizione, un’attività a basso costo, svolta oggi soprattutto nei cantieri del Sud Est asiatico, dove le navi vengono demolite per spiaggiamento, cioè facendole arenare e smontandole sul bagnasciuga. I centri di demolizione più importanti sono in India, nel Bangladesh e in Pakistan.

Tornando ai settori in buona, anzi buonissima salute, anche i cantieri della Nautica stanno vivendo una stagione di crescita per le ordinazioni alla ricerca del bello e del funzionale targato Made in Italy. Evidente è la concentrazione alla Spezia, lungo il Miglio Blu, dei migliori marchi che sono andati e continuano ad andare alla conquista del mondo, rappresentando una quota davvero rilevante sia per la produzione e il lavoro che per l’esportazione. E a proposito di esportazioni basti indicativamente quanto ha recentemente dichiarato Pierfrancesco Latini, amministratore delegato di SACE: “Il rapporto ‘Esportare la dolce vita’ presentato da Confindustria, che include anche il contributo dell’Ufficio Studi di SACE, si focalizza sul macro settore del “Bello e Ben Fatto“, vale a dire le 3F (Fashion, Food, Furniture) in primis, a cui si aggiungono la Ceramica, la Cosmetica, la Nautica e l’Automotive, che insieme rappresentano 135 miliardi di euro delle nostre vendite all’estero (il 30% del totale) e sono un grande punto di forza del nostro Paese e un tratto distintivo del nostro export”.

E in prospettiva? “La maggior parte delle esportazioni del Bello e Ben Fatto sono dirette ai mercati avanzati, come Stati Uniti e Germania. Se da un lato a trainare la crescita per il prossimo anno saranno ancora le geografie tradizionali come Stati Uniti e Germania, la quota dei mercati emergenti risulta tuttavia in crescita e presenta ampi margini di sviluppo. È proprio infatti dalle destinazioni non tradizionali – che hanno mostrato grandi capacità di resilienza e reazione alla crisi che stiamo vivendo – che arriveranno diverse opportunità per il Made in Italy: innanzitutto dal Sudest asiatico (Cina, Vietnam, Malesia e Corea del Sud) e in maniera selettiva da tutti i continenti (Europa emergente: Polonia; Nord Africa: Marocco, Medio Oriente: Arabia Saudita e Emirati; Sud America: Cile). E parlando di Sudest asiatico, non possiamo non parlare del grande potenziale dell’area RCEP, l’accordo di libero scambio tra i dieci Paesi del Gruppo Asean e cinque dei loro partner commerciali: Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Il contributo di SACE al Rapporto presentato oggi, realizzato dal nostro team di economisti, si sofferma proprio su questo punto”.

In conclusione “l’accordo di libero scambio RCEP contribuirà a rafforzare i legami commerciali tra le economie che hanno aderito, rendendole più solide e incrementando la loro capacità di consumo. Questo porterà a un aumento della domanda di import di beni di qualità e di questo incremento generale ne beneficeranno i settori del Bello e Ben fatto italiano”.

 

 

 

 

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