Genova – Dal 1° al 30 ottobre il fermo pesca torna, dopo l’Adriatico e lo Ionio, in Liguria, con lo stop delle attività per le barche a strascico da Imperia a Gioia Tauro, passando per Napoli e nei porti della Sicilia e della Sardegna.
“Come lo scorso anno – spiega Coldiretti Impresa Pesca – in aggiunta ai periodi di fermo prefissati, i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di fermo, variabili a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata”.
Nel caso del Mar Tirreno e del Mar Ligure, nonostante l’interruzione dell’attività sulle tavole delle regioni interessate, “sarà comunque possibile – spiega Daniela Borriello, Responsabile regionale Coldiretti Impresa Pesca per Liguria – trovare sul territorio un prodotto italiano. Dal pesce azzurro, come le alici e la sarde, ai prodotti della piccola pesca, provenienti dalle altre barche liguri non obbligate al fermo e dall’acquacoltura, cosa che assicura un buon approvvigionamento anche di orate e spigole”.
“Il fermo pesca quest’anno cade in un momento difficile – insistono comunque Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – con le nuove linee di indirizzo del Commissario Europeo alla Pesca e all’Ambiente, Virginijus Sinkevicius, che incombono sulla flotta Italia, primo tra tutti il divieto del sistema di pesca a strascico”.
Le direttive europee prevedono inoltre la restrizione delle aree di pesca, con tagli fino al 30% di quelle attuali e scadenze ravvicinate nel 2024 e nel 2027 per poi concludersi nel 2030.
“Resta, poi, il problema che anche quest’anno l’assetto del fermo pesca non risponde ancora né alle esigenze delle aziende né a quelle relative alla sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale – aggiungono Boeri e Rivarossa – ragion per cui l’obiettivo principale in questo frangente deve essere quello di tutelare, oltre alle risorse ittiche, anche la sostenibilità economica di un settore che, in Liguria, rappresenta un volano importante anche dal punto di vista turistico”.
Non si comprende, infatti, come – all’alba del fermo biologico anno 2023 – i pescatori non abbiano ancora ricevuto ancora il proprio ritorno economico per il fermo delle annualità 2021 e 2022.
Una fase di tutela che non può essere disgiunta dall’attenzione alla sostenibilità economica delle imprese di pesca coinvolte nella misura di fermo e dalla sostenibilità sociale, per la tenuta dei territori costieri e delle tante economie collegate alla produzione ittica, quali il commercio, la ristorazione, il turismo, la cantieristica.