Il raddoppio della linea ferroviaria Pontremolese è davvero, e finalmente, entrata, anche concettualmente e strutturalmente, nel disegno complessivo dello sviluppo della nostra regione.
Raddoppio della Pontremolese con la quale, insieme ai tre grandi cantieri genovesi – Valico, Gronda e Diga foranea – si gioca il futuro della Liguria.
E’ quello che sostiene – e lo ha scritto sull’edizione di Genova di Repubblica – Massimo Minella quando ripartendo da tre elementi – ferro, gomma, mare – ricorda che “non c’è infrastruttura che non sia utile per far uscire la Liguria dal suo poco dorato isolamento. Le scadenze dovrebbero essere tutte quante ravvicinate per centrare l’obiettivo, ma non è così semplice. Se il Terzo Valico mantiene il suo “fine lavori” per il 2024, ancora tutto da scrivere è il destino di gronda autostradale e diga foranea”.
Esaminata la situazione contingente, Massimo Minella sostiene che “le infrastrutture ferroviarie sembrano aver preso il binario giusto, dopo decenni di binario morto, e, affidate alle cure dei commissari, puntano a diventare realtà nell’arco di pochi anni. Così è per il Terzo Valico e così dovrebbe essere anche per la Pontremolese. Il completamento del raddoppio è stato affidato al commissario Mariano Cocchetti potrebbe essere la mossa decisiva per far ripartire lavori fermi da tempo”.
E ancora: “Ai nastri di partenza si annuncia intanto la diga foranea del porto di Genova, valore un miliardo, la più costosa opera marittima mai pensata in Italia e voluta per garantire alle grandi navi (portacontainer e passeggeri) l’entrata e l’uscita dallo scalo di Sampierdarena in sicurezza. Costruita a 500 metri da quella attuale, la nuova diga si propone anche come struttura viva, in grado cioè non solo di garantire protezione al porto, ma anche di produrre energia sfruttando le fonti rinnovabili (eolico, solare e da moto ondoso). Completata la progettazione definitiva, la diga potrà cominciare a pensare al cantiere”.
Riassunta infine le vicissitudini che hanno costellato la storia trentennale della Gronda, da quando ancora si chiamava bretella, la conclusione resta amara: “Si è ancora in attesa quale sarà il destino” di quest’opera viaria.