Curiosità: quando la pirateria somala viene quasi azzerata grazie (anche) al sushi

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Mogadiscio – Probabilmente alle nostre latitudini il nome Kiyoshi Kimura non avrà grande significato ma in Giappone ha creato una delle più grande catene di sushi, del quale Kiyoshi è CEO; ma cos’ha in comune quindi con il problema della pirateria in Somalia?

Nel paese dell’hanami riecheggia il nome Sushizanmai, enorme catena di sushi che, insieme a governi ed organizzazioni internazionali, ha contribuito a ridurre, se non ad azzerare, gli assalti dei pirati che, nel Paese africano, risulta essere uno dei maggiori problemi. Questo non ricade solo al livello locale ma crea disguidi nell’economia internazionale; il modus operandi è sempre lo stesso, come si vede nei film, con uomini armati di pistole e lanciarazzi che attaccano le navi, con numeri che sfiorano nei periodi più bui anche i 300 l’anno.

La soluzione, però, arriva (anche) da Kimura, conosciuto in Giappone per i suoi stravaganti tagli del tonno in pubblico che, nella maniera più diplomatica possibile, ha “assoldato” questi pirati in modo che contribuissero alla sua attività. Si, perché, la Somalia è ricca di tonno Pinnagialla ma il problema della pirateria impedisce ai pescatori di usufruire di questa ricchezza, influendo anche sulle attività commerciali della catena Sushizanmai ed è qui che entra in gioco il suo CEO.

La storia dei pirati rispecchia ogni qualsiasi altra forma di criminalità, con persone che, prede dei disagi economici-sociali che le circondano, cedono a chi promette loro una vita prosperosa, seppur con i rischi che il “mestiere” offre. Kimura, essendo a conoscenza del problema della zona, sfruttando la sua rete di contatti, è arrivato fino ai pirati ed ha offerto loro un patto: sarebbero entrati a far parte della sua rete commerciale, procurandogli il pesce necessario alla sua catena di sushi ed in cambio avrebbe fornito loro l’attrezzatura necessaria ed ovviamente il giusto compenso. In molti accettarono, slegandosi di fatto dalla carriera criminale.

Il riconoscimento arriva direttamente dal governo del Gibuti che gli ha conferito una medaglia per il suo contributo al contrasto alla pirateria locale.

Non si può dire che da solo abbia risolto in toto il problema ma di certo la sua attività ha contributo molto alla sicurezza dei mari somali.

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