Isole Orcadi (Scozia) – Microsoft sperimenta il datacenter sottomarino con il Progetto Natick. Ecco valutazioni e prospettive sulla base dei dati
di Giacomo Galletto
La notizia non è fresca, risalendo all’estate del 2020. Tuttavia, solo recentemente stanno emergendo i risultati delle analisi successive al recupero del datacenter, mirate a valutare vantaggi e svantaggi di un datacenter adagiato sul fondo marino in prossimità della costa.
Lo slogan del Progetto Natick di Microsoft è molto semplice: il 50 per cento della popolazione mondiale vive entro un raggio di circa 190 km dalla costa: perché non dovrebbero farlo anche i nostri dati?
E così, nella primavera del 2018, un tank container di 40 piedi del tutto analogo a quelli usati nello shipping è stato immerso a una profondità di poco inferiore ai 36 metri nei pressi delle Isole Orcadi in Scozia. Solo che non conteneva merce bensì 12 rack che ospitavano 864 macchine server e quasi 28 Petabytes di storage. Durante i due anni successivi il datacenter è stato costantemente monitorato dal team del progetto e i dati relativi alla sua affidabilità che stanno emergendo sono davvero interessanti.
L’idea originale è che installare i server in container sigillati e posizionati sul fondo dell’oceano possa fornire spunti per migliorare l’affidabilità complessiva dei datacenter.
Sulla terraferma, infatti, la corrosione dovuta a ossigeno e umidità, le fluttuazioni di temperatura, gli urti da parte dei tecnici che sostituiscono le componenti rotte sono tutte variabili che possono contribuire al guasto delle apparecchiature. Inoltre il container è stato riempito di azoto secco per creare un’atmosfera sensibilmente meno corrosiva di quella ricca di ossigeno a cui siamo abituati.
Il primo dato emerso dall’analisi successiva al recupero del container dal fondo marino è che, dopo due anni di operatività continua, il tasso di guasti agli apparati è circa otto volte inferiore a quello che si verifica nei datacenter sulla terraferma.
A ospitare il datacenter sottomarino è stato l’European Marine Energy Centre, un sito sperimentale che, sfruttando turbine subacquee, converte il moto ondoso del mare in energia elettrica. Insieme alle pale eoliche e ai pannelli solari installati sulle Isole Orcadi, viene prodotta molta più energia rinnovabile di quella richiesta dai 10.000 abitanti delle isole. Di tutta questa energia, il datacenter sottomarino ne richiede meno di un quarto di megawatt quando opera a piena potenza. Questo anche grazie a una temperatura che, sul fondo del mare, tende a rimanere stabilmente entro un range limitato e con picchi comunque inferiori rispetto a quanto non avvenga sulla terraferma.
La visione dei datacenter sottomarini di Microsoft comprende una ricerca per integrarvi dei sistemi autonomi di produzione dell’energia sfruttando il moto marino, accelerando così la diffusione di infrastrutture di Cloud Computing che stanno rivestendo sempre più spesso un ruolo chiave per l’innovazione.
Per chiudere il cerchio dell’aspetto “Green” del Progetto Natick, tutte le creature marine come anemoni, cirripedi e alghe sono state rimosse e rilasciate in mare, le componenti del datacenter riportato in superficie sono state riciclate e il letto del mare ripristinato nel medesimo stato in cui si trovava prima di immergerlo.