Il Pacha III e la principessa Carolina, quando, al Valdettaro, tutto cominciò …

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Brindisi – Il Pacha III, l’elegante yacht d’epoca della Royal Family monegasca, è arrivato ed è stato ormeggiato al Marina di Brindisi.

di Enzo Millepiedi

Il Pacha III, ovviamente, per la sua eleganza ma soprattutto per la sua storia non è passato, come avviene sempre, inosservato. Anzi. Anche perché da bordo della regale imbarcazione è sbarcata la sua proprietaria, la principessa Carolina di Monaco.

Che da qui, dal porto turistico della città, vicino al Castello Alfonsino – raccontano le cronache salentine –  ha raggiunto Lecce per partecipare a “Core Meu”, uno spettacolo che unisce la danza classica della compagnia Les Ballets di Monte Carlo e la musica tradizionale di Antonio Castrignanò & Taranta Sounds per la coreografia curata da Jean-Christophe Maillot, direttore artistico proprio della compagnia del Principato di Monaco. Una rappresentazione, nella piazza del Duomo di Lecce, capolavoro del barocco, nella quale il balletto classico si è fuso con i ritmi della pizzica salentinain una commistione di ritmi e movimento.

Perché me ne occupo? Perché sia Carolina sia il Pacha III, magnifica imbarcazione a motore del 1931, rievocano, nel Golfo della Spezia, gli anni d’oro di una cantieristica di respiro internazionale che stava nascendo e che avrebbe dato. come si è visto e si vede, frutti più che copiosi.

Quella imbarcazione fu donata alla principessa dal marito Stefano Casiraghi e affidata per il restauro al Valdettaro allora acquisito, con amministratore delegato Tonino Ruggeri, dall’ingegner Aldo Rolla, entrato nei fasti del jet set internazionale proprio perché artefice della rinascita del cantiere delle Grazie che, con un team di prim’ordine di professionisti e di artigiani, portò alla ribalta del bel mondo grazie al colpo da maestro quando si riuscì a farsi affidare il restauro di Pacha III, al quale faceva spesso visita, per seguire i lavori, la giovane coppia italo-monegasca che, ogni volta, scendeva in azienda in elicottero.

Morto Stefano Casiraghi in seguito a un incidente nautico in una tragica domenica del 1990, la principessa Carolina, pur tremendamente provata, non abbandonò il progetto del restauro ma continuò a seguire personalmente i lavori fino a quando, conclusi, lo yacht fece il suo ingresso nel porto dell’ esclusivo Yacht Club monegasco. Potendo dire che “io c’ero”, ecco perché tutte le volte che il Pacha III sale agli onori della cronaca esso ha il potere di far rivivere i tempi di quegli anni straordinari.

Sono ricordi che mi impongono inoltre di chiamare come testimonial lo scrittore Alberto Cavanna (nella foto sopra il titolo insieme alla principessa nel Cantiere Valdettaro), in allora tra i dirigenti di punta di quel team eccezionale, Cavanna del quale ho intercettato e salvato un post dal titolo “La nautica alla Spezia..”

Post nel quale Alberto ha scritto: “Si sente molto parlare della Spezia come polo nautico mondiale. La storia è più recente di quanto non si pensi. Fino al 1988 esistevano solo due piccole realtà altamente artigianali (non più di 20 dipendenti) operanti: Valdettaro e Beconcini… yacht in legno, massimo 20 metri, e piccoli restauri. La svolta è nel 1988, quando il Valdettaro viene rilevato dall’ingegner Rolla. Si passa ad una dimensione industriale: vengono fatte venire maestranze dalla Baglietto e da Viareggio… faranno scuola. I primi grandi lavori: refitting del Pachá III di Carolina di Monaco e grandi yacht del nord. L’altra svolta è nel 1990 quando il cantiere restaura la ‘Shabab Oman’, nave scuola della marina militare dell’Oman, e costruisce i 110’ di Laurent Giles… Per la prima volta viene introdotto il preallestimento dell’arredo. Una idea rivoluzionaria: per accorciare i tempi si allestisce, mentre lo scafo viene costruito, l’arredo in un simulacro scala 1:1. Nello stesso anno, per la prima volta in Europa, inizia la ingegnerizzazione dell’arredo con autocad, presso lo studio Laurent Giles, seguita dal sottoscritto e da Gildo Tonarelli (refitting m/y Istranka, appartenuto a Tito di Jugoslavia). Viene acquisito il cantiere CCYD e il composito entra nella nostra storia con lo yacht ‘Mandrake’, German Frers. Poi il cantiere chiude, per un discusso fallimento (il curatore pagherà tasse su 1 milione di utili), e il sapere si disperde”.

Dalla storia all’attualità racconta ancora Alberto: “Oggi, tutti i cantieri, stanno operando sulla scia aperta… Basti pensare che la Yacht Line 1618 è una azienda che esporta arredamenti in tutto il mondo con lo schema di lavoro escogitato nel Golfo trent’anni fa e lavora con Azimut, Sanlorenzo, Perini e altri, fino ad arredare l’Orient Express”. Per cui – conclude – “quando parliamo della nostra nautica, vediamo di essere orgogliosi a ragion veduta”.

Alberto Cavanna, nato ad Albisola Superiore, è oggi un noto scrittore, traduttore e illustratore  che, dopo essere stato un affermato dirigente di azienda, come si è visto, si è dedicato esclusivamente all’attività artistica a Polverara, nel Comune di Riccò del Golfo, dove risiede e lavora. Nella sua biografia si racconta che, nato da una famiglia di artigiani, dediti da generazioni alla lavorazione del legno a bordo di navi e imbarcazioni, suo padre lo portò con sé “a bottega” fin dall’età di 5 anni, dove iniziò ad alternare lo studio al lavoro in officina, sugli scali del porto di Savona, a bordo. Dai nonni, entrambi arruolati in Marina nelle due guerre mondiali, ereditò l’amore per il mare e, dal padre in particolare, quello per la vela”. E che “dopo la maturità classica entrò a lavorare in pianta stabile nell’azienda familiare, che lasciò nel 1988 per trasferirsi alla Spezia, dove divenne dirigente in diversi cantieri navali tra cui il Valdettaro”.

Dove è iniziata, come si è visto, e purtroppo finita come non avrebbe dovuto, l’altra appassionante storia.

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