LA SPEZIA – Riteniamo di significativo interesse, ovviamente anche storico, un intervento affidato ai social di Egidio Banti dal titolo: “Bucchioni Giorgio e Daniele: la grande capacità di intuire e di guidare i cambiamenti”, intervento che proponiamo ai nostri lettori.
di Egidio Banti
Ottant’anni fa, nella seconda metà del settembre 1943, in una cascina di Debeduse, piccola frazione collinare di Calice al Cornoviglio, un giovane tenente dell’esercito, Daniele Bucchioni, rientrato a casa dopo l’8 settembre riunisce un piccolo gruppo di persone della zona, in gran parte suoi coetanei, e dà vita al primo nucleo attivo di resistenza ai nazi fascisti in provincia della Spezia. Quel piccolo nucleo diventerà, nel corso della guerra, la brigata partigiana “Val di Vara”, appartenente alla colonna “Giustizia e libertà”, compiendo una serie di operazioni spettacolari in Val di Vara e in Val di Magra, sino alla liberazione di Aulla, ed ottenendo consenso ed ammirazione da parte degli Alleati, in particolare attraverso il loro “inviato” Gordon Lett.
Il comandante Dani mostrò cosa significa, con intelligenza e determinazione, comprendere i “segni dei tempi” di un determinato passaggio storico e assumere la responsabilità di “guidare il cambiamento”.
Chi ha letto i giornali in questi giorni e soprattutto ha partecipato alla cerimonia funebre per Giorgio Bucchioni di stamani, martedì, nella cattedrale di Cristo Re, ha potuto comprendere come il figlio di Dani, nella sua vita, abbia compiuto, in contesti e scenari diversi, la stessa “missione”: comprendere i “segni dei tempi” e “guidare il cambiamento” nella sua città. La crisi delle industrie, che erano state il grande volano dello sviluppo di Spezia tra Ottocento e Novecento, era chiara sin dalla fine degli anni Sessanta. Così come già da allora molti puntavano sul porto civile come opportunità di alternativa e di lavoro. Ma pochi, prima di Bucchioni, erano riusciti a dare corpo a quella prospettiva: Giorgio lo ha fatto invece con intelligenza, determinazione ed anche con personale generosità, proprio come aveva fatto suo padre tanti anni prima sui monti della Val di Vara. Per questo resterà nella storia della città, e i tanti che hanno presenziato al rito funebre presieduto da don Luca Palei ne hanno dato la rappresentazione “plastica”. Il porto non è (e non sarà) il toccasana di tutti i mali, ma non c’è dubbio che senza il porto, e soprattutto senza l’azione coraggiosa condotta da Bucchioni per oltre tre decenni, Spezia oggi sarebbe più povera, e con minori prospettive di lavoro e di vita.
Chi come me lo ha avuto come amico generoso e sincero, sa come fosse preoccupato di essere davvero compreso, e come non si fidasse degli ambulacri della politica e del groviglio delgi interessi. E come però andava avanti con coraggio.
Davvero questa provincia, dopo il comandante Dani, dovrà ricordare a lungo, dando testimonianza del suo lavoro e dei sui meriti, anche il “comandante Giorgio”. Buon sangue, non mente mai …