Lavoro: il Piano Organico del Porto “punto di partenza per la lettura dell’esistente, oltre che per la progettazione del futuro”

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La relazione al Piano Operativo Triennale si conclude con il capitolo del lavoro portuale sviluppato in tutti i suoi aspetti compreso il Piano Organico del Porto “punto di partenza per la lettura dell’esistente, oltre che per la progettazione del futuro”.

di Mario Sommariva

Il lavoro portuale

Scala europea e nazionale: il PNRR

Al Piano Operativo Triennale è demandato anche il tema delle politiche attive del lavoro, finalizzate al sostegno dell’occupazione in un’ottica ampia che parte dall’attenzione alle persone, alle risorse umane, alla formazione professionale continua intesa come adeguamento alle scelte organizzative e tecnologiche delle imprese, ma anche come promozione della dignità umana. Il fine è quello caldeggiato anche dalla Commissione UE, di compiere la “transizione sociale giusta”, che passa attraverso l’inclusione e la rimozione delle barriere all’ingresso delle donne nel mercato del lavoro portuale.

In vista di tale obiettivo il POT non può non tener conto di quanto tracciato dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), a sua volta inserito all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il quale traccia alcune linee di politiche attive del lavoro.

Guardando più da vicino il PNRR, una delle missioni in cui si articola è la n. 5, dedicato ai temi dell’“INCLUSIONE E COESIONE”. La missione si pone l’obiettivo di promuovere, più generale, l’inclusione di chi appartenga a fasce in condizioni di marginalità sociale. Il tema dell’inclusione trova un’efficace declinazione anche nel mondo del lavoro e, per quanto qui interessa, nel mondo del lavoro all’interno della portualità del Sistema del Mar Ligure Orientale.

Nella realtà della Spezia il concetto di “mondo del lavoro” deve essere ampliato tenendo conto della vasta realtà esistente che comprende piccole e medie imprese di servizi, soggette, nel contesto attuale, a molteplici processi di trasformazione. Tali imprese, sono state, in generale, l’espressione dell’adeguamento e dell’innovazione di soggetti quali agenti marittimi, spedizionieri, imprese della logistica e dell’autotrasporto c he hanno nel tempo saputo adeguarsi ai cambiamenti in atto. La realtà attuale, segnata dal fenomeno dell’“integrazione verticale”, proposta dai maggiori vettori marittimi, comporta che la visione degli interventi che l’Autorità di Sistema Portuale prevede di effettuare, a livello di tutela sociale ed occupazionale, sia estesa anche a tali realtà.

In particolare, la componente M5C1 “POLITICHE PER IL LAVORO” del PNRR individua diverse priorità, tra le quali si elencano quelle ritenute più significative in rapporto agli obiettivi del presente Piano:

  1. Sostenere l’occupabilità dei lavoratori in transizione e disoccupati;
  2. Riqualificazione professionale (upskilling e reskilling), mediante il coinvolgimento di stakeholder pubblici e privati;
  3. Acquisizione di nuove competenze da parte delle nuove generazioni per favorire il matching (corrispondenza) tra il sistema di istruzione e formazione e il mercato del lavoro e, così, facilitare le transizioni occupazionali e migliorare l’occupabilità dei lavoratori, oltre che innalzare il livello delle tutele attraverso la formazione;
  4. Aumento del tasso di occupazione;
  5. Riduzione del mismatch (mancata corrispondenza) di competenze;
  6. Aumento della quantità e della qualità dei programmi di formazione dei disoccupati e dei giovani;
  7. Profilazione della persona, che permetta la costruzione di percorsi personalizzati di riqualificazione delle competenze e di accompagnamento al lavoro;
  8. Fissazione di standard di formazione e promozione di una rete territoriale dei servizi di istruzione, formazione, lavoro anche attraverso partenariati pubblico-privati.

A fronte di tali obiettivi, il PNRR elenca una serie di misure che connotano, nel concreto, le politiche attive del lavoro e sostegno dell’occupazione, quali:

  • Introduzione di un’ampia e integrata riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati;
  • Fissazione di livelli essenziali di attività formative, cercando di superare l’eccessiva eterogeneità dei servizi erogati a livello territoriale;
  • Inserimento lavorativo delle persone con disabilità;
  • Formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati;
  • Misure in favore dei giovani e di persone con competenze molto basse;
  • Aiuto ad attività di formazione sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni sindacali;
  • Aggiornamento professionale;
  • Processi di ricollocazione;
  • Transizione verso nuove forme di occupazione;
  • Lotta al lavoro sommerso, attraverso iniziative inerenti, fra l’altro, la raccolta e la condivisione dei dati, l’introduzione di misure per trasformare il lavoro sommerso in lavoro regolare, la sensibilizzazione sul “disvalore” del lavoro irregolare, le ispezioni;
  • Introduzione e sviluppo di corsi di formazione che rispondano alle esigenze delle imprese e del tessuto produttivo locale, riducendo così il mismatch tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e i programmi formativi del sistema di istruzione e formazione.

 

Considerazioni preliminari all’individuazione delle politiche attive del lavoro

A fronte del quadro tracciato dal PNRR, ai fini della redazione del presente POT valgono le seguenti considerazioni preliminari alla individuazione di politiche attive del lavoro.

In primo luogo, vale la consapevolezza considerazione circa il passaggio da un lavoro “labour intensive” o “capital intensive” ad un tipo invece “knowledge intensive”. L’affermarsi di un sistema economico basato sull’apprendimento costituisce, da tempo, un decisivo fattore di accrescimento dell’attenzione verso gli investimenti in formazione.

L’espansione dell’economia della conoscenza crea infatti le condizioni e la necessità di una estensione delle opportunità di accesso alla formazione, in altri termini l’esigenza di un miglioramento delle condizioni educative dei lavoratori e dei cittadini tutti.

Tale connessione, che si è consolidata dal 2000 con la cosiddetta “Strategia di Lisbona” dell’Unione Europea, vede l’obiettivo dello sviluppo di un’economia del sapere accompagnato dall’impegno per la creazione di una “società della conoscenza”.

Il processo che si sviluppa si caratterizza non tanto per l’utilizzo intensivo di conoscenze, ma piuttosto per la capacità di produrle. Esso è possibile se un numero sempre più esteso di lavoratori partecipa ai processi di produzione di nuove conoscenze, di innovazione della produzione. Ciò avviene non solo a livello organizzativo, attraverso organizzazioni che sanno migliorarsi costantemente, ma soprattutto se queste organizzazioni riescono a mettere gli individui che vivono al loro interno, in condizione di apprendere.

Si tratta di un modello diverso di concezione dell’attività produttiva, conosciuto come “learning economy” che, oltre all’utilizzazione delle conoscenze presta attenzione alla gestione dei processi di produzione e di assorbimento delle stesse.

A ciò si accompagna il crescente impiego della tecnologia nei processi di lavoro e la conseguente specializzazione: grazie all’evoluzione tecnologica, infatti, si sta da tempo assistendo ad una decrescita della componente di manodopera fungibile e all’incremento di figure specialistiche, il cui genere diviene sempre più irrilevante. Questo può comportare rischi, come, ad esempio, l’espulsione dal circuito produttivo per le figure meno qualificate, ma soprattutto opportunità, che vanno gestite sulla base della progettazione e della strutturazione di percorsi formativi, in modo da generare sviluppo, coniugando il capitale umano con quello tecnologico.

In secondo luogo, si ritiene che l’AdSP non possa essere autoreferenziale, ma piuttosto debba essere parte di un sentire collettivo, in quanto più elevata è la coesione sociale, più elevata è la capacità di costruire un percorso idoneo a creare esternalità positive.

È intento di questa AdSP contribuire a creare un’“economia sociale di mercato”, nel senso di porre in essere tutte le iniziative che siano idonee a riunire la componente sociale con quella di mercato e, perciò, favorire il dialogo sociale.

Si tratta di un presupposto fondamentale per affrontare, sul piano della qualità, la sfida a cui sempre più i porti sono chiamati e che vedrà prevalere i sistemi più capaci di offrire servizi di alto livello, che conseguiranno altresì la stabilizzazione dell’occupazione.

Si tratta quindi di costruire un nuovo sistema e una nuova logica di sistema per un obiettivo generale: dare opportunità e creare le condizioni per il “lifelong learning” in quanto esigenza e convenienza del lavoratore portuale, dell’economia dei nostri porti e della società tutta.

L’asse delle politiche attive del lavoro: digitalizzazione, semplificazione e formazione.

Tutto ciò precisato, l’ADSP intende procedere, nell’individuazione e nell’attuazione delle politiche attive del lavoro, prima di tutto, attraverso un trinomio le cui componenti hanno pari rilievo e sono:

  1. Digitalizzazione;
  2. Semplificazione;

Si tratta di tre elementi che, prima di tutto, si configurano come valori. Essi infatti sono capaci di far compiere al mondo del lavoro un salto di qualità verso le istanze di efficienza e di fluidità che la produzione, in generale, oggi richiede.

Infatti, siccome la digitalizzazione è automazione, reca in sé anche il concetto di semplificazione nel significato di “riduzione”. Semplificare significa unire i molti in un uno solo, e perciò tagliare tutto ciò che sia inutile, sovrabbondante, superfluo e destinato a disperdere le energie e le risorse del lavoro. Semplificare, dunque, significa agire per sottrazione, eliminando quanto comporti diseconomie, in modo da ottimizzare ciò che si ha a disposizione.

Oltre che quali obiettivi, “digitalizzazione”, “semplificazione” e “formazione” si presentano come elementi inscindibili fra loro e perciò destinati a formare l’asse delle politiche attive del lavoro. Digitalizzare, infatti, significa porre le tecnologie informatiche al servizio delle effettive esigenze dell’utente, semplificandone la vita e le modalità di lavoro. Tale cambiamento di paradigma determina un approccio diverso del lavoratore, orientato più al processo che allo strumento che, per dispiegare compiutamente i suoi effetti nell’ambito produttivo, richiede l’attuazione di adeguati processi formativi.

L’intensità di questo intreccio si rende ancor più evidente se si mette in luce il rischio, portato dalla maggiore complessità dell’automazione, di accentuare gli squilibri sociali, dato che, chi ha un patrimonio di conoscenze meno composito, rischia di non poter rispondere alle richieste di innovazione della produzione e dei servizi e, perciò, di restare indietro, se non escluso.

Pertanto, le politiche attive del lavoro che il presente POT intende perseguire sono, prima di tutto, finalizzate a rafforzare il ruolo della formazione e ad unirla all’aumento della digitalizzazione, evitare l’espulsione del lavoratore dal mercato, e, perciò, correggere gli squilibri sociali, evitando quanto più possibile ogni forma di conflittualità.

Su tali basi l’Autorità di Sistema Portuale ritiene utile partecipare allo sviluppo di iniziative formative legate alla filiera dell’ambito portuale e cittadino.

In tal senso risulta importante intensificare la collaborazione con Promostudi La Spezia – Fondazione di Partecipazione per la Promozione degli Studi Universitari alla Spezia – che, dal 2002, coordina e gestisce il Campus Universitario La Spezia presso il quale si svolgono corsi di laurea triennali e magistrali dell’Università di Genova, numerosi dei quali risultano già ora indirizzati alle vocazioni ed alle esigenze economico-produttive del territorio.

Ente del quale, peraltro, l’Autorità di Sistema è socio fondatore e concorre alle politiche d’indirizzo.

Vanno in questa direzione la creazione di percorsi formativi per nuove figure professionali nel settore della cantieristica, di concerto con le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali, nel solco del protocollo siglato l’11 giugno 2021 per quanto riguarda lo sviluppo del porto di Marina di Carrara.

Il Piano dell’Organico del Porto

Punto di partenza per la lettura dell’esistente, oltre che per la progettazione del futuro, è il Piano dell’organico del porto.

Ad esso, infatti, è affidata non solo la raccolta degli elementi del lavoro portuale, del presente e del passato, ma anche la loro sintesi e la rappresentazione di una visione prospettica dei fabbisogni futuri, in modo che sia perseguito concretamente l’obiettivo della più ampia inclusione nel mondo del lavoro. Il Piano potrà dunque offrire suggerimenti per l’inclusione nel mercato del lavoro, focalizzando il tema delle competenze e della formazione dei lavoratori, in modo da qualificare sempre di più uno dei fattori della produzione.

Non si dimentichi, infatti, che il lavoro (e perciò i lavoratori) costituisce una delle risorse necessarie per attuare un ciclo produttivo, di importanza sempre più crescente in un contesto economico sempre più caratterizzato, come detto, dalla tecnologia.

In tale contesto è centrale il ruolo della Pubblica Amministrazione di agevolare i processi di transizione. In questo senso l’ADSP lavorerà nel prossimo triennio per accresce il senso dell’importanza della formazione, renderlo concreto promuovendo iniziative formative atte ad accompagnare il personale portuale verso le nuove tecnologie.

Il ruolo dell’ADSP dovrà sempre più connotarsi come interlocutore del sistema delle imprese e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Capace di sostenerle verso questa destinazione e come soggetto, sempre aperto al dialogo, in grado di mettere in discussione tutto quanto possa essere corretto perché ne sia colta una possibilità di miglioramento. In altri termini capace di cogliere in ogni momento le dinamiche e le trasformazioni nel mondo del lavoro portuale.

Il Piano dell’Organico è quindi un pilastro fondamentale per le politiche attive sul lavoro portuale e dovrà essere caratterizzato da una serie di azioni positive volte alla tutela dell’occupazione esistente, alla creazione di nuovi posti di lavoro, alla concreta rimozione delle barriere all’ingresso delle donne nel mercato del lavoro portuale.

Per ottenere tali risultati la L. 84/94 ss.mm.ii. prevede la possibilità delle AdSP di destinare una quota non eccedente il 15% delle entrate derivanti dalle tasse, a carico delle merci imbarcate e sbarcate, per il finanziamento della formazione professionale per la riqualificazione, la riconversione e la ricollocazione del personale in altre mansioni o attività sempre in ambito portuale.

E’ intenzione di questa AdSP utilizzare, concretamente, tutte le leve, organizzative e finanziarie, per intervenire verso ogni fattore critico che si dovesse manifestare.

Il Piano dell’organico consentirà anche la formulazione del Bilancio delle competenze, consistente nella ricognizione delle risorse umane a disposizione della portualità e nella strutturazione di percorsi formativi in funzione di obiettivi a medio lungo termine. Allo scopo saranno essenziali gli elementi conoscitivi forniti dal Piano dell’organico con uno studio attento delle caratteristiche del mercato locale e di quello internazionale, onde traguardare il secondo cogliendone in anticipo le linee di evoluzione.

(35 – continua)

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