L’Unione Europea non può pretendere di stravolgere la natura pubblica dei nostri porti

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LA SPEZIA – Proponiamo oggi, nella rubrica Punto di Vista, un tema non solo di stringente attualità ma potenzialmente tale, a seconda delle decisioni che si prenderanno, da stravolgere addirittura la natura pubblicistica delle Autorità portuali con effetti che proponiamo ad un più che necessario approfondito confronto.

di Salvatore Avena

Ormai è qualche anno che si discute sull’avvio della procedura di infrazione adottata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia che viene accusata di intervenire con aiuti di Stato a favore dalle Autorità di Sistema Portuale le quali, secondo Bruxelles, non applicano il regime fiscale previsto per le attività considerate economiche, mentre è certa la notizia che dal prossimo anno le stesse Autorità di Sistema portuale italiane saranno tenute a rivedere la gestione contabile amministrativa di parte delle loro attività tradizionali.

Tuttavia di fronte a questa certezza poco è dato sapere come il Governo intenda invece procedere e quali provvedimenti vorrà adottare nell’immediato per mettere in condizioni le Autorità di Sistema Portuale di continuare le proprie attività e i servizi, nell’interesse pubblico, in un regime diverso che prevede appunto l’abolizione delle esenzioni dalle imposte.

Nel frattempo la discussione fra gli addetti ai lavori ritiene che il primo passaggio formale dovrà essere l’adozione della così detta doppia contabilità ovvero quella relativa alle riscossioni del canoni di concessione demaniale che, secondo i dettami dell’Unione Europea, dovranno essere sottoposti a tassazione per evitare un vantaggio competitivo sul mercato e quindi considerate per la normativa UE un aiuto di Stato.

Intanto, di fronte all’inerzia del Governo Italiano che non ha opposto nessuna obiezione alla decisione della Commissione, resta pendente un ricorso depositato al tribunale UE presentato da tutte le Autorità di sistema portuale italiane, nel quale sostanzialmente si afferma che, anche se la decisione della Commissione è conseguente a decisioni già assunte nei confronti di altri Stati membri, in realtà non tiene conto del regime dei porti Italiani che è molto diverso da quello che vige in altri porti europei.

E’ bene sottolineare infatti che in Italia le ADSP sono vere e proprie amministrazioni dello Stato che esercitano poteri autoritativi, che godono di una contabilità pubblica, che gestiscono beni demaniali dello Stato e che riscuotono tasse e canoni che per loro natura, in base alle normativa italiana, non sono assoggettabili a tributi.

In questo contesto, che richiede un’azione significativa del governo per adeguare le amministrazioni delle ADSP senza escludere possibili interventi normativi, l’occasione riaccende il dibattito sulla possibilità di rivedere la natura giuridica delle ADSP trasformandole da ente pubblico non economico in S.p.a. Un tema tuttavia molto divisivo che dovrebbe tenere conto maggiormente del ruolo pubblicistico e di interesse generale che oggi hanno le Autorità di sistema portuale per lo Stato in relazione ai beni inalienabili che esse gestiscono, ovvero il demanio pubblico.

Le concessioni, per fare un esempio, oggi vengono rilasciate dalle Autorità di sistema portuale con procedure di evidenza pubblica che tengono conto di elementi di interesse generale, dell’indice occupazionale, della capacità di sviluppo e di investimento e altri parametri, ma certamente non seguono logiche di mercato o puramente economiche come accade in alcuni Porti del Nord Europa.

Ora in un quadro generale nel quale le grandi alleanze armatoriali continuano a produrre, bontà loro, utili elevatissimi e non solo, controllano direttamente o indirettamente anche pezzi importanti della catena logistica, terminals e vettori terrestri, il tutto garantito dall’Unione Europea che solleva le alleanze armatoriali da indagini antitrust, sui monopoli e sulla concorrenza, grazie alla Block Exemption Regulation, immaginiamo cosa mai potrebbe accadere se le ipotesi di fare delle ADSP delle SpA diventasse realtà.

Indubbio che per le ADSP la natura sarebbe quella di SpA pubbliche, come già accaduto per altre realtà , ma la storia delle concessioni in Italia la conosciamo, basta davvero poco per garantire la pubblicità delle reti, nel nostro caso del demanio, e poi la parte gestionale di investimento e di conservazione viene curata da soggetti privati finanziariamente forti che hanno altri interessi, del tutto legittimi, ma nulla hanno rispetto alle funzioni pubblicistiche. Ecco dunque che in questo modo di fatto le ADSP rischiano di entrare indirettamente nel controllo di operatori privati.

Certo, siamo alle provocazioni, ma una riflessione seria su quanto potrà accadere e sulle prospettive del Porti italiani è necessaria e auspicabile. Ora attendiamo che il Governo intervenga in maniera chiara e concreta su questo adeguamento previsto dalla Commissione Europea relativamente alle ADSP e senza lasciare nulla al caso, perché è fin troppo chiaro che parliamo di un asset di interesse strategico per l’intero sistema Paese.

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