Non solo il Golfo della Spezia ma anche le aree della centrale Enel dovrebbero diventare la “Valle dell’idrogeno”

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LA SPEZIA – “Mi piacerebbe che Vallegrande diventasse la valle dell’idrogeno e che tutto il Golfo della Spezia diventasse il golfo dell’idrogeno, tra ricerca e produzione”, questo più che il sogno, l’auspicio nelle parole di Lorenzo Forcieri, presidente del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine,  in apertura del “Green Hydrogen Gulf”.

Organizzato dal Distretto Ligure delle Tecnologie Marine, l’workshop è riuscito a mettere insieme aziende e enti, civili e militari in quello che è stato il primo nucleo degli “stati generali dell’idrogeno, quantomeno per la Liguria”. Nel senso anche che si è voluto mettere a sistema, almeno a livello di comunicazioni e di intenti, tutti i progetti che in ordine sparso abbiamo conosciuto negli ultimi mesi, progetti dati dalla presenza dell’area Enel in riconversione dal carbone, di un porto che vuole essere, con i fondi europei, protagonista di una sua rivoluzione green, di importanti centri nazionali di ricerca, di cantieri navali civili e militari, di industrie che stanno per entrare nella transizione energetica oltreché informatica.
Si sa che la transizione sarà lunga, complessa e costosa ma si sa anche che ogni passaggio conduce, dalla decarbonizzazione alla meta finale che ha un nome: l’idrogeno, anzi l’idrogeno verde. Un percorso che tutti hanno ormai la consapevolezza di dover affrontare e percorrere. Tanto che lo stesso sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini ha assicurato che è forte “l’intenzione di agevolare gli iter amministrativi, che hanno spesso tempi biblici, quando si parla per esempio del progetto di Enel per la zona retroportuale, nella cui area si costruirà un polo di produzione dell’idrogeno, come conseguenza della dismissione della centrale a carbone, spenta definitivamente un mese fa.
Un richiamo al realismo è stato comunque salutare. Ci ha pensato Giovanni Caprino, direttore del Distretto: “L’idrogeno è una sfida, in virtù del fatto che oggi come oggi è carissimo. Basti pensare che un chilogrammo di H2 verde costa circa 8 euro. Un Mwh di energia così prodotta quindi può toccare i 265 euro. Oggi un prezzo fuori mercato, nel futuro e a breve probabilmente no”.
Il problema è dunque produrre idrogeno ma anche individuare i suoi utilizzatori finali che – ha detto Caprino – possono essere i porti, le navi cargo, gli yacht, le unità militari e forse anche le navi da crociera.”.
“Accettata comunque la sfida la strada maestra per vincerla è fare rete, possibile nel nostro golfo perché qui vi sono tanti attori interessati a questo comune denominatore”.
La sfida è ancora più stimolante perché ad essa è legato il destino del nostro pianeta e anche perché si tratta di una filiera, quella dell’idrogeno, tutta da costruire, consapevoli che oggi è prodotto usando combustibili fossili e disperdendo ancora altra CO2 in atmosfera. Ma è chiaro che l’idrogeno nero è solo un passaggio, il traguardo è l’idrogeno verde. La totale decarbonizzazione, nel 2050, si potrà ottenere per step successivi, passando intanto all’idrogeno blu, che utilizza il metano ma recupera l’anidride carbonica per riutilizzarla, per arrivare all’idrogeno verde, prodotto da fonti rinnovabili e quindi senza CO2.
A Lorenzo Forcieri ha fatto eco Elisabetta Arato, presidente del Distretto Ticass – società consortile che gestisce il Polo ligure di ricerca Energia, ambiente, sviluppo sostenibile (EASS) –  organizzatore accanto al Dltm dell’evento e coregista dell’impresa che verrà per anticipare il più possibile i tempi della transizione in diversi settori nei quali è presente: marittimo, del trasporto pesante, industriale e per il riscaldamento. Ma l’Italia deve creare una propria strategia, con obiettivi precisi ed il percorso per raggiungerli.”

 

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