Santi: “Le crociere sono in ripresa ovunque in Italia meno che in Adriatico che perde un milione di passeggeri”

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Venezia – Le crociere nel Mediterraneo e significativamente in Italia sono in ripresa ovunque meno che nei porti adriatici.

Gli ultimi dati disponibili (fonte Cemar) indicano per il 2023 una crescita del 4% nel numero dei passeggeri rispetto al 2019 che si imbarcano e sbarcano su navi da crociera nei porti italiani, destinati a sfiorare quota 12,9 milioni. Ma ma con una flessione, nello stesso periodo, del 29% che colpisce tutto l’Adriatico.

“Come era ampiamente prevedibile – torna a spiegare Alessandro Santi, presidente di Federagenti – il blocco totale delle crociere nel bacino di San Marco e la conseguente esclusione, in totale assenza di soluzioni transitorie che potessero consentire alle navi passeggeri di comunque trovare accosti in laguna, ha generato un effetto domino su tutto il bacino Adriatico, privato della destinazione che rappresentava il maggiore motivo di attrazione”.

L’Adriatico italiano  registra una diminuzione di  800.000 passeggeri rispetto alle statistiche pre-Covid: il tracollo di oltre un milione di passeggeri su Venezia è stato mitigato solo per una piccola parte dagli altri porti adriatici. Peraltro l’uscita di scena di Venezia, che per decenni ha rappresentato la base del traffico crocieristico, si è tradotta in un dirottamento verso l’estero di molti servizi come le provviste di bordo e le manutenzioni che ora vengono espletati in particolare nei porti greci, e di utilizzo degli aeroporti e strutture ricettive nazionali.

“Il caso delle crociere a Venezia – conclude – rischia di risultare paradigmatico di una incapacità, nel caso manifestata dal governo Draghi, di assumere decisioni coerenti con la necessità di salvaguardare l’ambiente, ma anche il tessuto economico di interi territori, rimarcando come, per altro, la fuga dei crocieristi abbia innescato un fenomeno di sostituzione attraverso una crescita, fuori controllo, di turismo low cost che nel caso di Venezia sta evidenziando in modo drammatico, la fragilità di una città il cui modello oggi sembra adattarsi maggiormente al concetto di ‘riserva’ proposto da molte istituzioni internazionali a difesa del sito che alle reali necessità dei cittadini”.

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