LA SPEZIA – Lo sappiamo bene qui alla Spezia, la capitale delle cozze, grazie alla Coop dei Mitilicoltori, che quello delle ostriche è un settore ancora di nicchia ma sappiamo anche che sta prendendo sempre più campo grazie all’alta qualità della produzione homemade, del “fatto in casa” insomma.
di Enzo Millepiedi
Il tema è stato posto e sviluppato con rara chiarezza dalla redazione Food di “First On Line” che offre una sintesi da manuale per una lettura che nel fine settimana proponiamo anche ai nostri lettori.
Ebbene, probabilmente non tutti sanno intanto che “dopo la Francia, l’Italia è tra i principali consumatori di ostriche e il secondo mercato europeo per consumo e che negli ultimi anni – ci aggiorna First On Line – sono fioriti nel nostro Paese diversi allevamenti, soprattutto in Sardegna, Liguria ed Emilia Romagna, con una produzione in grande crescita: nel 2015 le tonnellate di ostriche sul mercato erano a mala pena 33, attualmente si viaggia intorno alle 200 tonnellate (contro le 120mila tonnellate francesi)”.
Ma la produzione ancora non basta a soddisfare una domanda sempre più in crescita in un mercato che ha grandi potenzialità, dato che le ostriche italiane costano meno anche di telline e cannolicchi.
Il secondo ma riguarda l’Italia dove rimane il problema dell’Iva che rientra in quella mai sciolta ambiguità culturale nei confronti dei prodotti del lusso che, comunque, come per esempio nella nautica e nel turismo alberghiero, offrono grandi opportunità di lavoro. Ma pensiamo: se il made in Italy non fosse considerato un lusso avremmo i risultati che abbiamo nel complesso delle esportazioni che stanno sostenendo la nostra economia? In attesa del cambio di mentalità incassiamo l’ennesimo niet della miopia, come è raccontato qui di seguito.
“Fra gli emendamenti alla Legge di Bilancio – si ricorda – era spuntata la richiesta di abbassarla per le ostriche passando dal 22 al 10%. Un vantaggio per i consumatori e produttori. I primi potrebbero avvantaggiarsi di un’offerta più competitiva, i secondi di un abbassamento dei costi. In questo senso, un’Iva inadeguata non aiuta a far crescere questo business nel nostro Paese scoraggiando il cliente e penalizzando gli investimenti dei produttori. Attualmente il grosso della loro produzione è francese, circa il 70%, mentre il 20% è irlandese e il 10% italiano”.
Una nomea anche questa dura da scalfire. Nell’immaginario collettivo l’ostrica resta insomma storicamente francese e i nostri produttori faticano ad affermare un mercato nazionale che punta su qualità e diversificazione. Per adesso bisogna continuare a lavorare – ed è anche questo il senso del nostro intervento – per cominciare almeno ad invertire il risultato del sondaggio di Federcoopesca-Confcooperative, dal quale è amerso appunto che l’85% degli italiani pensa che l’ostrica sia un prodotto esclusivamente francese.
L’altra faccia della medaglia dell’immaginario è quella della realtà, come per esempio che il target di consumatori si assesta fra i 40 e i 45 anni. Che sta a significare anche da questo punto di vista che il mercato del consumo italiano ha notevoli possibilità di espandersi.
In conclusione ritorniamo al testo della redazione Food di “First On Line che nella parte in cui mette a confronto le ostriche italiane (con citazione delle Ostriche Verdi prodotte nel Golfo della Spezia) e le ostriche francesi.
LE OSTRICHE ITALIANE – Le ostriche italiane costano circa un 30% in meno rispetto alle cugine d’Oltralpe, sono gustose, saporite e contengono anche un 30% in più di carne. Ma le ostriche sono diverse e ce ne sono di diversi tipi anche in Italia. L’Ostrica Rosa Tarbouriech di Scardovari nasce tra il fiume Po e il Mare Adriatico, in zona lagunare dove la miscela tra acqua dolce e salata persiste meglio, tanto da renderla celebre tra gli chef stellati e che compete con le ostriche migliori del mondo. Poi ci sono le Ostriche di San Michele prodotte nella riserva naturale del Parco Nazionale del Gargano, nella Laguna di Varano a Foggia grazie al particolare microclima che ne garantisce l’ambiente ottimale per lo sviluppo di questi frutti del mare. Le Ostriche Verdi invece sono prodotte nel Golfo dei Poeti (La Spezia) nella capitale delle cozze e si distinguono per un colore brillante, profumo e sapidità. Le Ostriche Varuni sono allevate nell’alta Puglia, nel parco del Gargano e contengono molta polpa.
LE OSTRICHE FRANCESI – La produzione francese copre il 70% del mercato. Le Ostriche di Cancale sono allevate davanti a Mont Saint-Michel, e beneficiano di una delle maree più forti del mondo che gli assicura una perfetta ossigenazione e un continuo rinnovo del plancton. Quest’ostrica ha un sapore salato ma una polpa morbida e compatta. Erano le più apprezzate dai re di Francia, ma anche dai loro nemici rivoluzionari, come Robespierre e Danton. Le Ostriche Tsarskaya erano le preferite dagli Zar per il loro profumo iodato, una consistenza carnosa e un sapore dolce. Poi c’è la Belon Du Belon, un’ostrica piatta, delicata e molto ricercata, grazie all’incontro dell’acqua di mare con quella dolce dalle sorgenti bretoni. Le Ostriche Speciale di Isigny hanno un gusto dolce e persistente, mentre le Ostriche Saint-Vaast sono famose per il loro spiccato sapore di nocciale. Infine, le Ostriche Speciali Utah Beach sono conosciute per il loro retrogusto zuccherino e un sapore che sa di storia: provengono dalla spiaggia dove avvenne lo sbarco in Normandia.
E infine anche sul binomio che piace tanto, ostriche e champagne, la redazione Food di “First On Line” viene a confortare il modo indicato di considerare il lusso.
Leggere prego: “Considerato da sempre un binomio di lusso, sintomo di ricchezza, l’abbinamento è in realtà vincente per ragioni puramente scientifiche. Sembrerebbe, infatti, che sia il gusto umami (del glutammato) nello champagne e dei nucleotidi nelle ostriche (composti chimici) a conquistare il palato degli intenditori presente in alcuni tipi di ostriche e di champagne. A dirlo uno studio dell’Università di Copenaghen”.