Porti: ma la ricchezza dei territori dipende soprattutto dai contenitori pieni

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di Salvatore Avena

I porti rappresentano punti cardine per lo sviluppo dei territori, fungendo da connessione tra le zone di produzione e consumo e i mercati internazionali. Non tutti i porti, tuttavia, hanno lo stesso potenziale e la stessa capacità di generare ricchezza e occupazione. E per stabilire una scala dei valori c’è, tra gli altri, un fattore determinante, spesso e purtroppo, trascurato nelle statistiche finali: la tipologia di movimentazione dei contenitori distinta tra pieni e vuoti.

Dato atto che le movimentazioni dei contenitori nei porti sono un indicatore importante dell’attività commerciale e logistica di un territorio che, ricordiamolo, mette a disposizione aree preziose, non tutte le movimentazioni hanno lo stesso valore e lo stesso impatto economico nell’indotto portuale.

Le movimentazioni dei contenitori pieni, infatti, sono quelle che generano maggiori ricavi e benefici per i porti e per le aree circostanti, in quanto implicano la presenza di merci in entrata o in uscita.

Al contrario, alle movimentazioni dei contenitori vuoti sono spesso associati i costi di gestione e stoccaggio, che non offrono significativi benefici economici all’industria portuale e al suo indotto territoriale

Poiché le movimentazioni dei contenitori pieni sono il risultato di scambi commerciali tra paesi o regioni e rappresentano una fonte di ricchezza per i porti e per i territori collegati, esse generano entrate, occupazione per i lavoratori e gli operatori logistici e doganali, valore aggiunto per le imprese che esportano o importano merci con effetti moltiplicativi per l’economia locale e dei retroporti. Essendo però le movimentazioni dei contenitori pieni influenzate da diversi fattori, tra cui la domanda e l’offerta di merci a livello globale e regionale, entrano in gioco la capacità dei porti di attrarre traffici, la loro efficienza nel movimentarli, la connettività infrastrutturale e il grado di coesione fra operatori per fare sistema nell’aumentare i servizi alla merce e trattenerla nei propri distretti logistici e doganali di riferimento.

Le movimentazioni dei contenitori vuoti invece sono essenzialmente un elemento utile per consentire le operazioni di importazione e di esportazione della merce, ma la loro movimentazione assume, come detto, all’inizio, un ruolo significativo solo a livello statistico per stabilire le movimentazioni globali dei porti. Per questo motivo il loro impatto sull’economia del territorio che ospita il porto può essere considerato limitato. È facile quindi comprendere come il valore economico generato dal movimento di merci effettive sia superiore rispetto a quello dei contenitori vuoti per l’effetto che produce sull’indotto, come il trasporto, le operazioni logistiche e doganali e, in alcuni casi, la rottura di carico.

Per questo, oltre ai dati statistici puri basati sui numeri di Teus movimentati e necessari a misurare le performance di un porto, è importante monitorare e analizzare le movimentazioni dei contenitori, distinguendo tra pieni e vuoti, al fine di poter adottare strategie e politiche per aumentare le prime e ridurre le seconde. Come? Promuovendo, ad esempio, la rottura di carico nei retroporti per ottimizzare il trasporto e la distribuzione delle merci e aggiungere così valore e creare occupazione.

Sono dunque i contenitori pieni che vengono lavorati nei magazzini dei porti e dei retroporti ad aggiungere valore all’economia locale. Sono queste le operazioni (il “mettere le mani nei container”, cioè, lavorare i loro carichi) che favoriscono una logistica di prossimità integrata, che si basa, come accennato, sulla così detta “rottura di carico”.

Le statistiche pubbliche sull’andamento dei traffici nei porti assumerebbero insomma un ben altro significato se tenessero conto di queste distinzioni facendo prendere contezza che sono le operazioni doganali, la manipolazione e lo stoccaggio di merci nei porti e nei retroporti a stimolare l’attività economica e ad assicurare una maggiore crescita al territorio.

Si tratta, in definitiva, di applicare il principio di realtà che misurerebbe le effettive capacità di gestione dei porti e della logistica e indurrebbe a svilupparne tutte le potenzialità.

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