Andrea Fontana: ecco perché il nolo per il viaggio di un container dalla Cina al Mediterraneo è schizzato da 1.700 a 13.000 dollari

Fontana Andrea
Tempo di lettura: 3 minuti

di Enzo Millepiedi

Scarseggiano i container, cresce nel mondo la domanda dei beni di consumo. Il mercato risponde con i noli che da prezzi, diciamo “stracciati”, sono schizzati a livelli che non erano neppure immaginabili.

La misura di questa forbice che si è allargata a dismisura ce la sintetizza Andrea Fontana, Presidente dell’Associazione degli spedizionieri del Porto della Spezia: il nolo di un contenitore da 40 piedi per un viaggio dalla Cina al Mediterraneo era di 1.700 dollari, ora è di 13.000 dollari”.

E poiché la domanda continua a crescere e i container sono ormai merce rara, se non introvabile?

“Il livello di 13.000 è davvero eccessivo, ma a breve non c’è nulla da fare per contenere o invertire questa tendenza. Ben che vada i noli rimarranno così, nel peggiore dei casi continueranno a crescere anche se di poco. Anche perché mancano non solo i container ma anche le navi scarseggiano. Sia nell’uno che nell’altro caso è scattata la corsa a produrre nuovi container o a recuperare quelli ancora utilizzabili, ed è scattata, come si è visto, la corsa delle commesse per nuove navi”.

Nel frattempo c’è la corsa anche ai container e alle navi, diciamo, usati.

“Già il calo delle demolizioni soprattutto nei Paesi Asiatici del naviglio mondiale ci dà il senso dell’eccezionalità del momento. Si usa quello che si può utilizzare pur di fare fronte alla sempre più sostenuta domanda globale”.

Mentre i cantieri navali accumulano ordini da record, per i nuovi container il mondo dipende tutto dalla Cina che ha il monopolio concentrato in quattro fabbriche. Cioè noi abbiamo “ospedali” per riparare i container ma non fabbriche per i nuovi?

“La Cina ha moltiplicato da settimane la costruzione di nuovi container, che sono immessi nel mercato ma come si vede non bastano ancora a soddisfare la domanda”.

Si è tornati a parlare di piattaforma mediterranea della logistica. Perché, potendo contare anche qui su costi di lavoro contenuti e quindi concorrenziali come in Cina, non si è pensato e non si pensa a fabbriche di questo genere nei Paesi del Nord Africa?

“La risposta è semplice: ci si potrebbe e dovrebbe pensare, certamente, ma a prevalere sono ancora le diffidenze alimentate da situazioni politiche, sociali, professionali ed economiche che non danno garanzie di stabilità come in Cina. Certo è che nella nuova visione del rilancio del ruolo del Mediterraneo bisognerà tenere conto di alternative o meglio di complementarietà alla globalizzazione, sotto il profilo delle riscoperte delocalizzazioni delle quali si parla, a livello regionale”.

In quest’ottica c’è chi si azzarda ad ipotizzare una perdita di interesse per la Via della Seta?

“Non scherziamo. Sono essenziali comunque le funzioni complementari delle vie commerciali, come è per la nostra linea Pontremolese rispetto alla dorsale delle ferrovie italiane”.

Si sa che la tendenza dei noli è da sempre un riferimento importante per capire l’andamento dell’economia. Tornando dunque ai noli quale è stato il momento in cui sono cominciati a crescere? In poche parole: c’è una causa che ha innescato e poi scatenato questo fenomeno?

“La causa c’è. Tutto è cominciato negli Stati Uniti con la ripresa anticipata del dopo pandemia.  In quel momento sono esplosi i consumi con la domanda dei beni, soprattutto per quelli di uso domestico e familiare, schizzata alle stelle. Soddisfarla ha provocato le carenze che stiamo pagando tutti, compresi gli americani della costa del Pacifico”.

 E a proposito di pagamenti, chi avrà il peso di questi aumenti?

“L’ultimo anello della catena: i consumatori”

Si prevede che la situazione sotto questo profilo possa migliorare solo dall’inizio del prossimo anno, con l’arrivo delle nuove navi e dei nuovi container?

“Potrebbe migliorare ma è prevedibile che possa accadere come minimo da qui a dopo sei mesi”.

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