Le rivelazioni sulle trattative che sarebbero in corso tra Fincantieri con Leonardo per l’acquisizione di Oto Melara hanno preso alla sprovvista e movimentato l’attenzione e promosso una ridda di ipotesi su un’operazione che per il polo industriale spezzino è di assoluta rilevanza. Il dado è tratto?
di Enzo Millepiedi
Entrata nel 1994 in Finmeccanica, l’Oto Melara è dal 2016 (accadde in piena epoca Moretti che provocò il drastico azzeramento della dirigenza) in Leonardo. Passaggio che da società per azioni con una sua autonomia l’ha trasportata in una galassia, Sistemi di Difesa, nella quale l’Oto Melara si è trovata sempre meno a suo agio.
Di vendite o di ricerca di un partner si parla peraltro da trent’anni e più, tra strategie e tattiche e ovviamente tra conferme e smentite. Fino a quando proprio nel mese, agosto, scelto perché il più distratto per trattative riservate, ecco la rivelazione, più che indiscrezione, pubblicata ieri sabato in contemporanea dal Secolo XIX di Genova e dal Piccolo di Trieste, su Fincantieri e Leonardo, due tra i principali Gruppi industriali italiani, in contatto per l’acquisizione da parte del gruppo guidato da Bono di Oto Melara. Non a caso la notizia viene da Genova e da Trieste, sedi di riferimento del Gruppo navalmeccanico e non solo.
Quello di Giuseppe Bono (che in Oto Melara gode di stima e simpatia tra le maestranze) potrebbe essere considerato il perfezionamento di una naturale evoluzione tra due realtà industriali che, fatte le dovute proporzioni quantitative, sono da sempre complementari e integrate. Ricordo ancora, tra le altre, le navi militari varate al Muggiano e destinate alla Marina della Libia di Gheddafi con Gustavo Stefanini, presidente di Oto, a fare gli onori di casa e a rassicurare i perplessi per quelle moderne unità che avrebbero navigato di rimpetto a noi, nel Mediterraneo.
Per quanto riguarda l’armamento navale d’altronde Oto Melara e Fincantieri sono da sempre in stretta collaborazione proprio per la Divisione Militare Navale sfociata nella naturale sottoscrizione di un accordo di collaborazione già tra Fincantieri e Finmeccanica per immettere sul mercato una più efficace offerta integrata dei prodotti delle due società. Si tratta insomma di due percorsi paralleli di lunga data.
E’ il caso di ricordare che l’Oto Melara (1.000 dipendenti, di cui 900 alla Spezia e 100 a Brescia e con un indotto moltiplicato), è fornitrice, oltreché di Fincantieri e della Marina Militare Italiana, di cannoni navali tra cui quello da 76/62 mm adottato nel mondo dalle flotte delle Marine Militari di cinquantaquattro Paesi.
Ed è il caso nel contempo di ricordare che Fincantieri è a sua volta leader nella costruzione di navi militari commissionate a Fincantieri non solo dalla Marina Militare italiana da Governi, come si suole dire, di mezzo mondo.
Partendo da queste realtà si prospetterebbe in prima e più semplice battuta un processo che vada oltre la pur strettissima collaborazione e approdi a una vera e propria integrazione di sinergie nell’industria della Difesa, magari nella visione di un Polo costruito in un’area di riferimento già strutturato per questo tipo di business: Cantieri del Muggiano e Riva Trigoso, con Genova come sede la Divisione Navi Militari di Fincantieri.
In quest’ottica non andrebbe considerata solo la produzione dei cannoni navali ma rientrerebbe anche tutto l’avanzato segmento sistemistico di Oto Melara che rafforzerebbe ulteriormente Fincantieri nel mercato militare internazionale.
Un altro ragionamento sul dossier Fincantieri viene fatto opportunamente su Medi Telegraph che ricorda come in passato “si sia discusso pure di una fusione tra Fincantieri e Leonardo (che ora sta cercando un partner anche in grado di rilevare nel tempo la propria Business Unit Automazione di Genova) ma che l’operazione non ha mai avuto sviluppi concreti anche perché oltre il 50% dei ricavi di Fincantieri sono sempre arrivati dal business delle navi da crociera”.
Ma poiché con il Covid le navi da crociera hanno subito un crollo, l’offerta per acquistare l’Oto Melara potrebbe significare la volontà da parte di Fincantieri di spingere proprio sul militare nella ricerca di un nuovo equilibrio tra divisioni civile e militare.
Nell’attesa di sviluppi per i sindacati resta prioritaria intanto la salvaguardia dei livelli occupazionali (Cgil e Uil), con Antonio Carro (Cisl) che, fatti salvi quelli, rilancia la creazione del Polo della Difesa alla Spezia. E intanto la fibrillazione dei dipendenti che si interrogano dalle ferie sul loro futuro impazza sui social.
Scoperte le carte, le ipotesi sui possibili passaggi più accreditate restano due: ipotesi acquisizione in toto per diventare un futuro player della Difesa Europea; ipotesi con primo passaggio in Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), per poi procedere alla separazione della divisione marittima da quella terrestre da vendere, la seconda, al miglior offerente europeo.
Il dossier, in ogni caso, dovrà finire al ministero dell’Economia e delle Finanze che è il maggiore azionista di Leonardo e che controlla Fincantieri attraverso Cassa Depositi e Prestiti.