LA SPEZIA – Il restauro della Fontana del Palazzo delle Poste della Spezia merita, dopo l’inaugurazione, di riaprire e riproporre una pagina storica della città nel tempo in cui liberty e futurismo l’avevano caratterizzata nel percorso verso il suo massimo sviluppo.
L’attenzione per la città si rivelò anche nella scelta del progettista del Palazzo monumentale delle Poste: l’architetto ingegner Angiolo Mazzoni (1894-1979) che era il progettista di riferimento del regime nella prima metà del XIX secolo per gli edifici pubblici, ferroviari e postali a Firenze, Messina, Milano, Roma e tra i quali spiccano gli edifici postali di Grosseto, Sabaudia, Latina, Ostia, Palermo e Trento.
L’edificio delle Poste e Telecomunicazioni della “Grande Spezia” – si prevedeva il raddoppio della popolazione in pochi anni – doveva essere, in linea con l’attributo, grandioso per volontà del regime che vedeva la città con grandi aspettative dopo il più avanzato Arsenale e dove si costruivano cannoni e navi da guerra, e dove il futurismo aveva trovato casa grazie alla base degli idrovolanti.
Come luogo fu scelto il centro e fu messo a disposizione un budget di 3 milioni di lire. L’inaugurazione avvenne nel 1933 sulla base di un progetto eclettico di un Mazzoni che fuse il funzionalismo razionale con il futurismo per un palazzo da vivere e per questo fece opere ardite e uniche e creò punti di interesse in modo da costruire un percorso come la torre futurista, la cappella votiva e la fontana a cascata.
Già la fontana a cascata. Mazzoni progettò solo due palazzi postali con le fontane, alla Spezia appunto e a Olbia Lido, dove si poteva avere abbondanza d’acqua visto che al tempo non c’era ancora il riciclo dell’acqua. La Spezia non aveva problemi di acqua infatti, perché oltre all’abbondanza di acque naturali, aveva da poco inaugurato gli acquedotti cittadini realizzati da un altro personaggio di quell’epoca, l’ingegner Fausto Baratta, acquedotti di portata immensa e dalle tecniche costruttive innovative grazie a serbatoi in cemento armato e gallerie serbatoio in materiali creati appositamente e collegati a una centrale idroelettrica che – prima al mondo – riusciva a trasportare l’energia fino ai pozzi a più di 30 chilometri di distanza.
Si capisce perché nell’impressione innovativa e futurista del progettista erano da cogliere una opportunità e una consacrazione della potenza della forza della natura ben raffigurata nella fontana con effetto appunto a cascata nel complesso architettonico del palazzo monumentale nel centro della città.
A perenne memoria si è scelto di intitolare a Fausto Baratta la fontana recuperata nel centenario della fondazione degli acquedotti.